La festa del battesimo di Gesù che si celebra questa domenica chiude il tempo di Natale e apre il tempo ordinario. Il tempo di Natale ci ha donato la tenerezza di un Dio che si è fatto neonato. Il tempo ordinario è il momento in cui concretizzare questa tenerezza di cui siamo stati riempiti per fare realmente spazio a Gesù, farlo crescere nella nostra vita e nelle nostre famiglie. San Giovanni, protagonista con Gesù di questo Vangelo, aiuta a compiere questo passaggio: il Battista ha il carisma di portare i cuori a Gesù, di preparare le strade perché venga accolto. Cita il dono dello Spirito santo, che rende possibile seguire il Signore.
Giovanni istituisce il battesimo d’acqua, che è un battesimo di penitenza: pentirci, sentire il peso della nostra piccolezza, ammettere la nostra dimensione creaturale che spesso ricordiamo soltanto nell’esperienza del peccato e nel dolore del pentimento… tutto questo è necessario per accogliere Gesù che inizia a operare in noi. Solo quando ci riconosciamo poveri riusciamo a intuire cosa significa che Gesù è il Signore. Per questo Gesù si lascia battezzare: egli scende in noi, per noi e con noi nelle acque battesimali, per risalire e farci ascendere con lui. Così la nostra piccolezza diviene la nostra grandezza e la nostra umanità risplende intensissima nelle sue mani e dentro i nostri occhi.
Il Battista, che non si riteneva degno neanche di allacciare i sandali di Gesù, sembra interrogare ogni cristiano come anche ogni coppia di sposi: vi siete resi conto che la vostra disponibilità ad accogliere e amare, per quanto vi sforziate, è piccola come un granellino di sabbia? Pensate di potervela dare da soli? No! Serve innanzitutto il battesimo di acqua, quello del Battista, in cui ci riconosciamo bisognosi di salvezza. Ma è altresì necessario un battesimo di Spirito santo, quello di Gesù, che viene a noi nel sacramento datoci dalla Chiesa e concede il “potere di diventare Figli di Dio” (Gv 1,12)!
Nella Chiesa dei primi secoli, “battesimo” si diceva photismòs, che significa “illuminazione”: un evento unico, che illumina e fa irrompere la bellezza nella vita. Il battesimo imprime in noi il segno della luce divina, che introduce un uomo e una donna in un itinerario di intimità con Dio. Santa Teresa d’Avila paragonava l’anima a un castello interiore articolato in sette stanze: nella più interna, la più segreta, quella il cui accesso richiede più dedizione e capacità di abbandono, si può scorgere la presenza di Dio in noi. Nella propria vita di fede, ogni cristiano passa continuamente da una stanza all’altra ma tutto ruota intorno alla stanza più interna, che il battesimo permette più facilmente di aprire. La scena del Vangelo si conclude con i cieli aperti: una voce rivela l’identità di Gesù al mondo e a Gesù stesso, il quale ottiene conferma del mistero dell’Incarnazione che da sempre intuiva e che mano a mano gli si rivela sempre più pienamente.
La Trinità si fa tutta presente. Eppure Gesù sta lì umilmente, proprio come umile era il giaciglio nel quale fu deposto nascendo. Tante volte, per chi ci sta accanto, non siamo come Gesù, non usiamo la stessa umiltà e, pur pensando di seguire Dio, vogliamo annunciare noi stessi. Gesù invece vive in noi anche quando non ce ne accorgiamo, in ogni istante che siamo tenerezza l’un per l’altro. Tenendo fisso lo sguardo su di Lui, questo atteggiamento diventa più spontaneo e leggero. Non sfugge il parallelo con la vita di quanti scelgono di vivere il matrimonio cristiano: hanno dinamiche analoghe a quelle dei coniugi non cristiani, ma anche radicalmente diverse. L’umiltà di Gesù plasma lo sguardo degli sposi cristiani quando si accolgono i propri limiti e quelli dell’altro.
L’amore sperimentato porta al desiderio di accedere alla stanza interiore più intima: quella dove c’è l’amore di Dio, radice del loro amore. In quanto battezzati, gli sposi hanno impressa nell’anima la figliolanza in Dio e si scoprono fratelli in Cristo: nulla potrà dividerli. Certo, se il rapporto è turbato, non bisogna chiudersi nel fideismo: serve l’intelligenza di capire dove si è sbagliato e come recuperare, perché, senza la nostra complicità, Dio non può fare molto. Ma il matrimonio cristiano, se effettivo, ha un’opportunità in più: l’alleanza in questa vita è la prospettiva per scoprire l’eterna bellezza di Dio. C’è un itinerario pedagogico scritto nel cuore di tutti gli sposi, che, riconoscendosi figli di Dio nel battesimo, trovano nel matrimonio una via di pienezza.