Facciamo qualcosa per chi non ha più niente

Accesa la fiaccola benedettina a Betlemme. Le impressioni di mons. Riccardo Fontana

La Voce ha raggiunto telefonicamente l’arcivescovo mons. Riccardo Fontana a Gerusalemme. È la sera dell’8 marzo scorso. Il Monsignore, che è in missione con una delegazione di umbri, guarda dalla stanza che gli è stata assegnata la città di Gerusalemme calata in una calma apparente, sempre pronta ad essere squarciata da un momento all’altro. In Terra Santa è andato ad accendere la fiaccola della pace di San Benedetto. Arcivescovo Fontana, perché è andato a Gerusalemme? “Per rilanciare la speranza fra questa gente, con la determinazione dei cristiani. Ieri siamo stati a Betlemme ad accendere la fiaccola della pace di San Benedetto, nel luogo stesso dove Gesù è nato. Ma non abbiamo voluto accendere una fiaccola fatta di gesti materiali e di espressioni esteriori. Siamo voluti andare nella grotta della Natività a riaccendere il coraggio, a riprenderci la voglia di ridire pace per Gerusalemme e per questa terra. A voce alta”. Un’immagine di questi primi giorni di missione che le è rimasta impressa…”A Gerico abbiamo incontrato alcuni bambini palestinesi. Dopo aver superato, con qualche difficoltà, due posti di blocco dei militari israeliani, mi sono fatto tradurre dal nostro accompagnatore – che non riusciva ad entrare a Gerico da tre anni a causa del conflitto israelo-palestinese – le loro parole, i loro pensieri, le loro preoccupazioni e le loro speranze. Voglio tornare dai nostri bambini dell’Umbria con una testimonianza importante, per progettare insieme qualcosa di molto concreto per questi loro coetanei che sopravvivono in una situazione che non è da bambini. Sono scalzi, sono nel fango. Ci hanno raccontato della loro scuola e sono rimasti molto incuriositi del fatto che c’erano delle persone venute da lontano per incontrare la loro gente”. Cosa possiamo fare per loro? “L’Umbria può far molto per loro e, insieme, anche per se stessa. Noi vogliamo tornare a casa ribadendo ancora una volta che la terra umbra è terra di pace e che la sua scelta di fondo è quella di san Benedetto e di san Francesco, che rilanceranno la pace in Terra Santa e nei nostri cuori. Noi vogliamo riaccendere il coraggio in questa gente e in noi, questa è la nostra missione qui e in Umbria: lo abbiamo detto, lo stiamo dicendo e lo diremo a tutti quelli che incontreremo. Noi testimonieremo che non possiamo più lavarci le mani di fronte a chi, quaggiù, non ha più niente. Ti salta immediatamente agli occhi, con stridore, la terra stessa dei palestinesi, che è povera e misera e questo assurdo muro che divide e la paura che si tocca con mano…”.La paura degli attentati è ormai paura di vivere a 360 gradi? “Stasera (l’intervista è dell’8 marzo scorso, ndr) è Purim, che per gli ebrei è il giorno di Carnevale. Festa grande, insomma. Eppure c’è questa vena di terrore che ti attraversa le ossa e il sangue e senti la gente che ti dice ‘la nostra città è bella, ma non andate per le strade’. E Gerusalemme bella lo è davvero. Noi siamo la gente di Gesù Cristo, non di Ponzio Pilato e invece stiamo da tempo lavandoci le mani di questa situazione; alle nostre orecchie, quando ascoltiamo i telegiornali o la radio, tutto questo dramma è diventato una triste routine…”.Che fare? “Quando siamo saliti sulla spianata del Tempio, davanti al muro occidentale, abbiamo pregato affinché israeliani e palestinesi ritrovino al più presto la via del perdono e della riconciliazione. Ma per aiutarli a far questo serve qualcosa anche da parte nostra. Non va bene demandare solo a Dio tutto questo, dobbiamo impegnarci fortemente. Al nostro ritorno in Umbria, noi vogliamo fare eco. La cosa più bella che ho notato nella delegazione che mi accompagna è che c’è una gran voglia di aiutare questa gente, di fare piccoli progetti per sostenere, ad esempio, i loro servizi sanitari, ridotti ormai al lumicino. Al più presto ritorneremo qui, a Gerusalemme, con un progetto davvero grintoso. Stiamo maturando questa idea con il patriarca latino Michel Sabbah, primo referente della Chiesa in Terra Santa; poi ci consulteremo con la nostra Caritas di Spoleto-Norcia e con la nostra commissione Giustizia e Pace per realizzare un’iniziativa che aiuti davvero la fascia di popolazione più bisognosa”. Nella sua delegazione ci sono sette giovani umbri. Che ruolo avranno al loro ritorno? “Loro sono gli ambasciatori di tutti i ragazzi dell’Umbria e verranno con me dal Papa, il prossimo 17 marzo. Sono loro che grideranno, con la loro testimonianza, l’impellente necessità di riaccendere con gesti concreti la pace oggi simbolizzata dalla fiaccola di San Benedetto. C’è una parola del Vangelo che mi tocca molto ed è: “ditelo sopra i tetti”. Lo farò e lo faranno, pensando a questi tetti e a queste mura silenti di Solimano il Magnifico che ora, in questa sera tranquilla, abbiamo di fronte e che ci restituiscono la preziosa immagine di una Gerusalemme, incantata e bella. In pace”.

AUTORE: Nerica Eminovic