Al di là delle misure emergenziali – per certi versi imponenti -, finora la più ‘brillante’ soluzione ideata dalla politica europea circa il flusso di migranti sembra sia stata quella di spostare gli ostacoli più a sud, in modo che sia qualcun altro a fare il “lavoro sporco”. Che si chiami Turchia o Libia, poco importa; cambiano al massimo le condizioni: da una parte si tratta di sborsare un mucchio di soldi, dall’altra di rimettere in piedi un intero Paese.
L’obiettivo rimane però il medesimo: attivare un filtro che intercetti il flusso migratorio indesiderato e renda difficile raggiungere i confini europei. Ben poco, invece, si ragiona di ciò che sta a valle e a monte del fenomeno. A valle ci sono situazioni di conflitto, ingiustizia e impoverimento intollerabili, sulle quali è indubbiamente difficile intervenire, ma permanendo le quali non si capisce perché mai il flusso dovrebbe non aumentare. A monte c’è la sfida di accogliere stabilmente e integrare ogni anno nei Paesi europei un numero consistente di persone di cultura e spesso di religione diverse. Entrambe le prospettive chiedono un approccio politico, non meramente tecnico. La tramontata “diplomazia delle cannoniere”, deprecabile quanto si vuole, era l’espressione di una volontà perseguita con impegno; oggi la politica appare a corto sia di visioni che di energia, prigioniera di tatticismi e tecnicismi buoni a turare le falle, non a far veleggiare la barca.
Chi l’ha capito è il Papa, il quale da una parte non si stanca di invocare il cambiamento di un sistema economico che genera disagio umano e ambientale, e dall’altra si adopera con ogni mezzo per incoraggiare il dialogo tra le culture e le religioni. Beccandosi di volta in volta del buonista, del comunista, del traditore, dell’illuso… mentre le cose che dice prospettano l’unica via per gestire il fenomeno in modo efficace e intelligente.
Certo il pensiero di Papa Francesco non giunge fino a delineare le soluzioni operative – non è questo il suo compito – ma offre uno sguardo lucido, libero da irragionevoli paure e ingenue illusioni. Il migration compact di Renzi, per quanto criticato dalla Caritas e dal mondo della cooperazione internazionale, ha l’indubbio merito di guardare oltre l’emergenza, riportando la questione in campo politico. Rimane da vedere se si troverà in Europa abbastanza energia per imboccare le pur timide strade che esso prospetta, eppure impegnative e onerose, se attuate seriamente.
Gioverà senz’altro allo scopo un’informazione obiettiva e positiva, che non faccia leva su paure irragionevoli, ma sulla capacità dell’Europa di vincere anche questa sfida. Noi, modestamente, non abbiamo mai smesso di crederci.