di Gianni Borsa
Perché a Bruxelles è stata assegnata grande rilevanza al summit del 17 maggio sui Balcani occidentali? Le ragioni sono molteplici e si inscrivono nei diversi capitoli – politico, economico/commerciale, sociale – dell’azione Ue e nel paniere di interessi che i Paesi aderenti all’Unione europea, Italia in primis, vantano nella regione.
Al vertice erano invitati i 28 Stati membri, più i sei balcanici – Serbia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Kosovo –, ciascuno in posizione differente rispetto a Bruxelles, ovvero più o meno vicini all’adesione, che comunque non avverrà prima di altri 6 o 7 anni.
Gli obiettivi del vertice erano stati da tempo resi espliciti: “ribadire l’impegno dell’Unione nei confronti dei suoi partner dei Balcani occidentali e l’appartenenza della regione alla famiglia europea”; “rafforzare i collegamenti tra Ue e Balcani in termini di infrastrutture e di connettività digitale e umana”; “collaborare più strettamente per affrontare sfide comuni, come la sicurezza, la migrazione, gli sviluppi geopolitici e le relazioni di buon vicinato”.
I temi che erano – e che rimangono – al centro dell’interesse reciproco sono quelli della sicurezza (pace), dello sviluppo economico (affari) e del buon vicinato (soprattutto migrazioni). Tradotto: all’Europa, e all’Italia che si affaccia sui Balcani e che con alcuni di questi Paesi ha già stretti legami, preme avere dei “vicini di casa” in buone relazioni tra loro, Stati dalle solide e moderne democrazie, capaci di contrastare malaffare, corruzione, traffici illeciti (armi, droga…), società in cui il dialogo interetnico, interculturale e interreligioso sia la garanzia prima per una regione stabile. Ovvero un’area d’Europa che rinuncia per sempre a risolvere i suoi problemi con l’uso delle armi, come avvenuto negli anni ’90. È ancora troppo fresco il ricordo dei massacri seguiti alla caduta della ex Yugoslavia… Inoltre l’Ue lancia l’amo della cooperazione su vasta scala per rafforzare l’area balcanica ritenuta strategica come “cuscino” frapposto tra Ue, Turchia e mondo orientale. Ancora: nell’Ue si guarda con favore a Balcani amici dell’Europa e della Nato, lontani il più possibile da un abbraccio troppo stretto e soffocante con la Russia di Putin.
Per questo annunciando il vertice di Sofia, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk aveva affermato: “Il nostro impegno sarà di rafforzare i collegamenti con la regione e al suo interno. Ciò si tradurrà in un aumento degli investimenti in infrastrutture di trasporto, maggiori scambi educativi e culturali e comunicazioni tra i nostri cittadini più rapide ed agevoli. Il vertice mirerà anche a rafforzare la cooperazione nei settori di reciproco interesse, compresa la sicurezza e la migrazione”.
Connettere, mettere in relazione, creare ponti e legami, interessi comuni, solidarietà reciproche: la ricetta, sempre valida (già presente nella Dichiarazione Schuman del 1950: l’Europa “sorgerà da realizzazioni concrete che creino una solidarietà di fatto”), per prevenire i conflitti che andrebbero a scapito di tutti: popoli e Stati balcanici, popoli e Stati europei.