Perché si dà tanta importanza alla celebrazione eucaristica? Perché di domenica è precetto, e se non si partecipa si fa peccato? Insomma, perché celebriamo l’eucarestia?
Potremmo occupare l’intera risposta alla domanda citando i testi magisteriali nei quali si ribadisce il precetto domenicale e festivo di partecipare alla celebrazione eucaristica, ma credo che questo non basterebbe.
Infatti soprattutto oggi, nel tempo in cui le regole ci stanno spesso strette, prima di rispondere alla domanda nella maniera più facile: “Si deve andare a messa la domenica perché è precetto, e se deliberatamente non ci si va, si commette peccato grave”, bisognerà capire il motivo per cui la Chiesa ha mantenuto questo precetto, così da illuminare anche la buona abitudine di alcuni cristiani di partecipare nei giorni feriali alla messa, pur non avendo l’obbligo di farlo, e quindi scoprire il senso profondo della nostra partecipazione alla celebrazione eucaristica.
Lo stesso Concilio Vaticano II nella Costituzione Lumen gentium, al numero 11 afferma che il sacrificio eucaristico è “fonte e apice di tutta la vita cristiana”, ma perché? Se prendiamo tra le mani i racconti dell’Ultima Cena, vediamo come, nel Vangelo di Luca, Gesù dopo aver reso grazie sul pane, averlo spezzato e distribuito ai suoi, conclude il suo discorso dicendo: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19).
Affermando questo, il Signore richiama a un’attenzione tutta particolare da rivolgere alla Cena, oltre al fatto che potremmo dire già da qui che celebrare l’eucarestia è risposta all’invito di Gesù, è obbedienza a un suo comando. Come mai però Gesù pone questo particolare accento? Perché – come lui stesso ci dice nel Vangelo di Luca – celebrare l’eucarestia è far memoriale del Mistero pasquale, che egli stesso ha anticipato ritualmente nell’Ultima Cena.
Partecipare quindi alla messa è darmi la possibilità di godere dell’evento che mi ha salvato: la morte e resurrezione di Gesù. Se così non fosse, solo i testimoni oculari dell’evento accaduto duemila anni fa sarebbero “fortunati”… ma lo stesso Signore ci ha consegnato una modalità con la quale è possibile vivere quell’evento compiuto una volta per tutte (vedi Eb 7).
Sempre nel Vangelo di Luca, dopo la risurrezione di Cristo ci viene narrato il suo incontro con i discepoli di Emmaus (Lc 24,13-31). Giunti a destinazione, dopo aver spezzato il pane, Gesù scompare dalla loro vista, dando così il senso che è possibile incontrare il Risorto nella Chiesa partecipando alla sua mensa.
Talvolta è difficile per noi comprendere questo, perché diamo a livello linguistico un significato quasi superficiale al termine “memoriale”: infatti potremmo fermaci alla dimensione del ricordo, ma nella cultura semitica (quella originaria di Gesù) il “fare memoria / memoriale” è non solo ricordarsi di qualcosa già avvenuto, ma rendere presente, attuale, vivo, ciò che si ricorda, riproducendone ritualmente la stessa potenza. Celebrare l’eucarestia è quindi rendere presente a ogni essere umano in ogni tempo, attraverso i segni del pane e del vino, il Mistero pasquale di Cristo.
Da qui la necessità di ‘difendere’ con il precetto domenicale e festivo quella che in realtà dovrebbe essere anzitutto l’esigenza di ogni cristiano.
Don Francesco Verzini