Fervono i lavori delle “Congregazioni generali” [le assemblee dei Cardinali per discutere tra loro, ndr]. Quei Cardinali che tra qualche giorno, come fu nel 2005, si affacceranno dai loggiati di San Pietro a far corona con le loro vesti rosse, dopo l’elezione del nuovo Papa, in un clima di festa, sono al lavoro. Si confrontano sullo stato della Chiesa e cominciano a delineare il profilo di chi tra pochi giorni eleggeranno. Discutono, ascoltano, pregano. È un processo unico, guardato con interesse e rispetto da tutto il mondo.
L’istituzione più universale di questo mondo pure “globalizzato”, rinnova così, ed anzi se possibile approfondisce e mostra a tutti, la sua dinamica di unità e di collegialità. I Cardinali stanno discutendo degli affari della Santa Sede e dei diversi dicasteri e i loro rapporti con gli episcopati, del rinnovamento della Chiesa alla luce del Concilio Vaticano II, dello stato della Chiesa e delle esigenze della nuova evangelizzazione nel mondo e nelle diverse situazioni culturali, come si legge nei comunicati.
Il Collegio cardinalizio, che pure ha una sua storia peculiare, legata proprio alla realtà del Papa come vescovo di Roma, di fatto oggi rappresenta il Collegio episcopale. E proprio in questo Anno della fede e dei cinquant’anni del Concilio più partecipato della storia, risaltano le parole di uno dei documenti più ispirati e importanti del Vaticano II, la Costituzione dogmatica Lumen gentium sulla Chiesa: “Questo Collegio – è detto a proposito del Collegio episcopale -, in quanto composto da molti, esprime la varietà e l’universalità del popolo di Dio; in quanto poi è raccolto sotto un solo Capo, significa l’unità del gregge di Cristo”.
È l’identità della Chiesa, realtà visibile e spirituale, come sempre la definisce il Concilio, che opera nella storia, ma non può che poggiare sulla fede. “Quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani”, si legge nel Concilio, Paolo VI affermava che è la fede il “segreto” della Chiesa. Già il documento conciliare era ben consapevole che non mancavano i problemi. E questi non sono solo le persecuzioni. Oggi la cattolica è la religione più vessata, sul piano universale, come tutti sanno ed alcuni fanno fatica a riconoscere. I problemi sono anche interni. Benedetto XVI ne ha parlato con grande libertà e verità: il Concilio ricordava che la Chiesa “dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il mistero di Lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce”.
La Chiesa, ha ricordato Benedetto XVI ai Cardinali l’ultimo giorno del suo pontificato, assicurando al suo successore “incondizionata reverenza ed obbedienza”, è un Corpo vivente, nel mondo ma non del mondo, perché di Dio. Questa complessa consegna deve essere sempre attualizzata. E non è certo facile.
Implica la realtà della comunione. Oggi chiamata ad un nuovo passaggio, nella scelta del nuovo Papa.