di Daris Giancarlini
“Infodemia” è il termine usato dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) per descrivere quella “epidemia informativa” che accompagna, nell’Era digitale, ogni diffusione di un qualunque virus a livello internazionale. In sostanza, la diffusione di notizie infondate o imprecise contribuisce a creare psicosi e allarme sociale, facendo a volte danni maggiori del virus stesso.
Succede anche in queste settimane in cui a tenere banco sui media tradizionali, ma soprattutto sui social, è il coronavirus. Strumentalizzazioni politiche a parte (ma la politica e l’informazione sembrano soffrire attualmente della stessa irrefrenabile propensione a mettere in circolo, e a volume alto, notizie e commenti diretti alla pancia dei cittadini), la quantità di imprecisioni e vere e proprie fake news sulla diffusione del coronavirus si pone come derivazione uguale e contraria delle troppe verità nascoste con cui le autorità cinesi hanno coperto prima l’insorgere, e poi il diffondersi dell’epidemia.
Le paure infondate, propalate dai social, ingigantiscono tutto, finendo per fomentare comportamenti ispirati al rifiuto e all’emarginazione di tutti coloro che, vittime dell’‘infodemia’, possono anche lontanamente sembrare potenziali diffusori della malattia.