Sono strane le sensazioni che oggi provo dopo quel terribile fatto di domenica scorsa. Oggi posso dire di avere avuto un ammaestramento, non desiderato certo, ma grande. Un ammonimento per me, per la comunità in cui vivo, per questa nazione che tutti amiamo. Ho conosciuto la brutalità della forza cieca dell’ideologia che diventa gratuita violenza ed ho conosciuto il sapore di una eroicità che si è vestita di tutto ciò che c’è di bello nell’essere onesti, buoni, fedeli e generosi. Ho sempre saputo che si può morire nel fare il proprio servizio. Si può morire anche violentemente per questo. Ora questo modo di dare la vita ha un volto, una storia: è la vita e la storia di Emanuele Petri. Una vita spezzata ma la cui atroce caduta si è trasformata in una vittoria che non cancella il pianto e lo sconcerto che coglie tutta la nazione e Tuoro sul Trasimeno in particolare; una vittoria che appare in tutta la sua grandezza agli occhi di tutti anche a quelli della sua assalitrice proterva nel suo ideologico furore. Questo paese è ferito e resterà ferito. Tuoro però è consapevole che in Emanuele ha un esempio ed un eroe. Egli ha vinto con l’essere stato una persona limpida, schietta, generosa, attenta, fedele, soprattutto alla sua famiglia, alla memoria delle persone e delle cose a lui più care, alla sua divisa. Emanuele fu nella sua vita tutto a servizio dei volti di chi amava e di chi soccorreva nel bisogno. Generoso e buono, sempre presente nelle occasioni che contano nella vita quieta e meno quieta di un paese che è come tutti i paesi della nostra Italia. Figlio e padre di una famiglia onnipresente nella vita del paese, egli amava la libertà di tutti e scelse di fare il poliziotto per difenderla per chi non poteva difendersi da solo. Attivissimo nelle iniziative che coinvolgevano la comunità; presente con intelligenza e dedizione nelle molte realtà del volontariato e dell’associazionismo come nella tutela di quei valori che egli riconosceva ancora vivi e fondanti: come l’amore per il prossimo che per Emanuele aveva sempre un nome e un cognome. Durante i momenti significativi della vita comunitaria in Tuoro c’era Emanuele; non potevi affacciarti nella piazza e non vederlo lì pronto, indaffarato. Una presenza costante. Il suo volontariato era una scelta personale di disponibilità e generosità che comunicava sicurezza. Uomo di ottimismo non di maniera. Giovane con i giovani, sempre aperto e comprensivo, mai permissivo. Per lui non c’era niente di difficile che non si potesse fare. Era colui che frequentava la piazza come luogo dell’incontro, come luogo dello scambio di opinioni, della conoscenza e del dialogo. In quella piazza spesso veniva con la sua divisa che portava con quella fierezza che contraddistingue chi ne sente con intelligenza e consapevolezza il peso. La divisa per lui era un modo di intendere la vita, un modo di mostrare una vocazione che lo aveva messo sempre al servizio degli altri. Amava lo Stato perché amava la gente. In questo suo modo di essere che non conosceva interruzioni nel suo darsi, Emanuele ci ha dimostrato che l’eroicità si costruisce tutti i giorni, nel servizio gratuito, quotidiano, nell’essere presente con dignità e con fedeltà nelle cose che contano. Quella tragica domenica ci ha fatto conoscere un eroe che abbiamo avuto accanto e che ci mancherà e ci ha costretto a sperimentare che la violenza non conosce confini, non conosce ritegno e limiti. E tuttavia la morte, la violenza e il dolore, che sono spesso frutto del cuore perverso dell’uomo, non possono cancellare la bontà di cui ciascuno è responsabile e che resta come segno di scandalo contro tutte le ingiustizie e contro tutte le violente forme della ideologia. Così lo ricorda con me il parroco don Aldo Gattobigio: “Un amico carissimo con cui ci si chiamava a distanza, di cui sono sempre rimasto ammirato per la sua semplice filosofia della vita ritenuta un dono quotidiano da spendere entro il giorno sempre. Una vita spesa con impegno ma soprattutto nella serenità. Chi lo ha ucciso ha portato via la sua vita ma resta più vivo che mai il messaggio che nasce dal suo ricordo”.Marco Moschini(Tuoro sul Trasimeno)Chiaretti ai funerali a Tuoro invita alla ‘vendetta’ dell’amoreGiovedì 6 marzo ad Arezzo l’Italia ha tributato l’onore dovuto a Emanuele Petri. I funerali di Stato si sono svolti alla presenza del presidente della Repubblica Carlo A.Ciampi, e delle più alte cariche dello Stato e della Regione dell’Umbria, si sono svolti nella cattedrale della città.Il rito funebre si è ripetuto nel paese natale di Petri, a Tuoro sul Trasimeno, nella “sua” chiesa, dove la “sua” comunità gli ha portato l’ultimo saluto “riuniti insieme nel segno del dolore cristiano, e quindi anche della speranza”, ha detto all’omelia mons.Giuseppe Chiaretti, Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve. Particolarmente commosso per aver conosciuto Emanuele e la moglie in occasione della sua Visita pastorale a Tuoro l’Arcivescovo si è fatto voce della “comune riconoscenza” e del “nostro profondo e sincero dolore per l’oltraggio recato loro e a tutti i familiari dalla violenza cieca ed arrogante”. “Il Signore ci aiuti a non soccombere e a far fiorire comunque la speranza sui solchi insanguinati della nostra terra”. Ed ha indicato la via da percorrere per reagire a tanta violenza “che trova il suo humus preferito anche nelle esasperate tensioni degli animi, in certa “cultura” dello sfascio e in personalità non educate al rispetto d’ognuno e alla civiltà dell’amore, assolutamente necessaria – ha detto Chiaretti – in tempi di convivenza difficile e complessa”. “Se con l’aiuto di Dio e la forza dei valori religiosi, riusciremo a creare un clima più favorevole alla fatica del lavoro anche sociale e politico, alla pazienza e al coraggio delle mediazioni, al rispetto d’ognuno e alla stessa fraterna e concreta compassione verso chi è nel bisogno, – ha detto Chiaretti – riusciremo anche a “vendicare” con l’amore la morte ingiusta di questo nostro fratello”. “La democrazia e la pace non sono scontate”, sono un bene da custodire.
Emanuele sempre presente nella comunità, anche in parrocchia
L'agente della Polizia ferroviaria ucciso dal Brigatista Galesi, morto a sua volta. Tuoro lo ricorda generoso e allegro
AUTORE:
Maria Rita Valli