Elezioni. Chi ha davvero vinto nell’Unione Europea

Dopo ogni consultazione elettorale, c’è il rischio di rimanere “storditi” dalle dichiarazioni dei vari schieramenti su chi abbia vinto, chi perso e su quali siano le reali proporzioni dei risultati. Ecco perché in Umbria, ormai da anni, analisti politici e comuni cittadini attendono le stime dei flussi elettorali delineate dall’Università di Perugia, in collaborazione con il Consiglio regionale dell’Umbria e il Comitato regionale per le comunicazioni. In particolare, stavolta sono stati analizzati i risultati delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno scorsi, in relazione alle elezioni politiche e ai dati dei voti per la Camera dei deputati del 2022.

Il primo elemento di interesse è la questione su chi abbia vinto davvero. “Come da lunga tradizione delle elezioni europee – afferma il documento -, anche in questa occasione ha ‘vinto’ soprattutto l’astensione dal voto che, comprese le schede bianche e nulle, rispetto alle Politiche del 2022 in Umbria è aumentata di quasi 65 mila unità, raggiungendo la percentuale record del 42.6%, mentre nella media del Paese ha raggiunto il 53% (e al Sud il 61%)”.

L’analisi realizzata dai docenti Bruno Bracalente e Antonio Forcina e da Nicola Falocci spiega che – nonostante questa crescita dell’astensionismo – ad aumentare di più i voti è stato il Partito democratico, che sembra aver invertito la prolungata tendenza al declino iniziata con le Politiche del 2013, riportandosi oltre quota 100 mila voti e al 26.4% (+5.5% rispetto alle ultime Politiche). “Significativo – continua il documento è stato anche l’incremento di voti della Sinistra (Avs e liste minori della sinistra radicale): quasi 2 mila voti in più (+1.4%). Sul fronte del centro destra soltanto Forza Italia (con Noi moderati) ha aumentato sia i voti (+1200) che la percentuale (+1.2%), mentre Fratelli d’Italia ha aumentato la percentuale di quasi altri 2 punti, portandosi al 32.6%, nonostante la diminuzione di circa 6 mila voti assoluti”.

Ecco, dunque, che ne consegue il risultato di chi è andato peggio e quindi ha perso, cioè tutte le altre liste, che hanno diminuito sia i voti assoluti che le percentuali. “Più di tutti ha perso l’ex Terzo polo sostengono Bracalente, Forcina e Falocci – , che rispetto alle politiche del 2022 ha più che dimezzato i voti (-23 mila) e ha ridotto la percentuale di quasi 5 punti, portandosi al 5.6%. Segue il M5S, che ha perso più di 20 mila voti e il 3.8%, portandosi all’8.4% (stessa percentuale della sinistra radicale). Infine ha perso la Lega, che dopo il tracollo delle ultime Politiche ha perso altri 7 mila voti e un altro punto percentuale, portandosi al 6.8%”.

Come alcuni analisti commentavano già all’indomani del voto, le stime sui flussi confermano che, “a confronto con tutte le precedenti tornate elettorali degli ultimi dieci anni, a partire dalle Politiche del 2013, quello delle ultime Europee nel complesso è stato un voto più nel segno della stabilità che del cambiamento”. Il 39% degli elettori umbri ha cambiato scelta rispetto a due anni fa, anche passando dal voto all’astensione e viceversa, mentre il restante 61% dei votanti è rimasto fedele al proprio partito o movimento confermando le scelte del 2022, anche se con rilevanti differenze tra le liste.

In particolare, il Pd è riuscito a conservare alle Europee il voto del 78% dei propri elettori del 2022, seguito da Sinistra e Fratelli d’Italia con, rispettivamente, il 76% e il 68% di fedeltà. “Specularmente – aggiunge l’analisi sul voto umbro – , la scarsa capacità di mantenere il consenso delle precedenti Politiche ha quasi sempre determinato l’insuccesso dei restanti partiti e movimenti: l’ex Terzo polo e la Lega (con Adx), entrambi con il 44% di fedeltà; poi il M5S con il 58%. Fa eccezione Forza Italia che ha aumentato i consensi anche potendo contare su una modesta fedeltà dei propri elettori del 2022 (57%), grazie a un notevole afflusso di nuovi voti”.

Ma torniamo all’astensionismo perché proprio questa disaffezione al voto è il fenomeno più evidente nel determinare le differenze fra Politiche 2022 ed Europee 2024. “Complessivamente spiega il documento sui flussi – , il fenomeno ha riguardato poco meno di 60 mila elettori: circa 120 mila nuovi astenuti meno 63 mila ex astenuti tornati al voto”. Tra le liste che più hanno contribuito alla crescita dell’astensionismo ci sono la Lega, che ha lasciato al non voto circa il 40% dei propri elettori del 2022, il M5S il 28%, l’ex Terzo polo il 27%, FI e FdI che hanno ceduto all’astensione rispettivamente il 31% e il 28% dei propri elettori delle Politiche. Meglio hanno invece fatto, anche da questo punto di vista, Sinistra e Pd i cui elettori hanno mostrato la minore propensione a farsi attrarre dal non voto alle Europee, rispettivamente il 15% e il 19%.

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