Nel primo numero del 1984, nella presentazione che fece a nome dei vescovi umbri, il compianto mons. Carlo Urru, tra l’altro scriveva: “Oggi La Voce, dotata di lunga esperienza, riprende il cammino e, nella continuità, si rinnova. Conferma la sua caratteristica di settimanale cattolico, che su tutto informa e valuta, ma che ha particolare, spiccata aderenza alle esigenze e ai problemi dell’Umbria. Vuole offrire una lettura puntuale e attenta di tutti quei fenomeni regionali che (nel civile, nel sociale e nell’ecclesiale) emergono ed esigono l’impegno e la risposta di tutti”. E dopo aver annunciato il rinnovamento della redazione, chiama a raccolta i lettori affermando che dovranno essere loro, con la loro fedele partecipazione a ottenere che “La Voce sia uno strumento agile e di non ardua lettura, serio ma senza sussiego, di sicuro livello culturale ma accessibile a tutti, vario nelle rubriche ma non dispersivo o frammentario”.
A distanza di anni le cose stanno nello stesso modo e questo è il segno della fedeltà al quale ci siamo sforzati di attenerci, non perché ci è stato in qualche modo imposto, ma perché appartiene alle nostre radici, dalle quali La Voce ha avuto vita e vigore.
Nel 2003 ci siamo presentati ai lettori con un settimanale rinnovato, nella veste grafica e nell’impostazione delle pagine. In questa operazione abbiamo investito molte risorse umane ed economiche. In un mondo che cambia e in situazioni che appaiono ogni giorno diverse, abbiamo avvertito il rischio del soffocamento. Vi è una comunicazione strillata, un uso disinvolto e senza scrupolo di mezzi, linguaggi, spettacoli tendenti a riempire la piazza e a stordire le persone. C’è un avanzamento progressivo di posizioni dei vecchi e nuovi media. Il fragile, povero e vecchio settimanale cattolico rischia di venire soffocato se non schiacciato. Passa con superficialità sulla bocca di molti, anche di ecclesiastici, rassegnati, il detto “la gente non legge”. Per questi motivi, come abbiamo scritto in un precedente articolo, abbiamo voluto forzare il “blocco navale” (n.43) e seguire l’invito di inizio millennio di Giovanni Paolo II, di gettare le reti spingendoci in alto mare. Anche le indicazioni del vescovi italiani ci hanno ammonito, quando hanno scritto il documento di azione pastorale per il prossimo decennio: “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”. Un sintomo di tale cambiamento e quasi una svolta epocale la troviamo già sulle pagine de La Voce di questo ultimo periodo con la sempre più acuta preoccupazione circa la diffusione dell’Islam, percepita come una minaccia e temuta come una sciagura. Il mondo cambia, cambia la mentalità delle persone e la percezione della realtà, cambiano le mode e i costumi. È in questo mondo che dobbiamo comunicare, avendo ben presente la volontà di rimanere pazientemente in dialogo, senza perdere la nostra identità e dando riconoscimento e apprezzamento al vero e al bene da chiunque sia affermato con le parole e con le opere.
Elio Bromuri
direttore dal 1984 al 2015