“Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea”. L’evangelista Marco sottolinea che Gesù inizia a predicare dopo l’arresto di Giovanni, dopo che questo profeta viene forzatamente azzittito da Erode. Con il Battista in carcere, la voce della giustizia che radunava le folle sulle rive del Giordano non si udiva più e il deserto tornava ad essere davvero deserto, luogo senza vita e senza parole. Ma anche Gerusalemme e tutta la regione circostante ridiventava muta e senza più profezia.
Gesù, tuttavia, non si rassegnò al silenzio imposto da Erode.Prese perciò lui l’iniziativa e cominciò a parlare, non più in Giudea, come Giovanni, ma nella periferica Galilea, la più settentrionale delle tre regioni abitate dal popolo d’Israele. Ai tempi di Gesù la Galilea era diventata una regione malfamata a motivo di forti infiltrazioni pagane che contaminavano la purezza della fede e la correttezza dei riti ebraici. Ma Gesù proprio da questa terra periferica e lontana dalla capitale inizia la predicazione del Regno di Dio; qui raccoglie i primi seguaci e qui, da risorto, attenderà i discepoli per il “secondo” inizio della predicazione evangelica.
Insomma, la Galilea sembra assurgere a terra simbolica per ogni missione evangelica. Si potrebbe dire che se c’è da scegliere un luogo da cui partire per annunciare il Vangelo, questo dev’essere il luogo periferico, marginale, escluso, disprezzato, povero, che non conta nulla. Nella “Galilea delle genti” si sentì risuonare per la prima volta il Vangelo, la buona notizia. Qui, dove poveri, pagani ed emarginati si mescolavano, Gesù cominciò a dire: “il tempo è compiuto”, ossia sono finiti i giorni nei quali la violenza, l’odio, l’abbandono, l’ingiustizia e l’inimicizia hanno il sopravvento, e sono iniziati gli ultimi tempi, quelli della vittoria di Dio sul demonio, del bene sul male, della vita sulla morte. La storia degli uomini subisce una svolta: “il Regno di Dio è vicino”, annuncia Gesù.
È il tempo del regno dell’amore, del perdono e della salvezza. Quello che era accaduto a Ninive con la predicazione di Giona ora, sulle rive del mare di Galilea, si realizzava in pienezza e per il mondo intero. Ninive, capitale assira e “città molto grande di tre giornate di cammino” è l’emblema di ogni città, anche delle grandi città contemporanee ove la corruzione degli uomini spinge verso la distruzione reciproca. Ebbene, Dio costrinse Giona a percorrerla predicando a tutti la conversione dai peccati. Al termine della predicazione di Giona, scrive l’autore del libro: “i cittadini di Ninive credettero a Dio… e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece”.
E il Vangelo afferma: “Ora c’è qui uno che è più di Giona” (Mt 12,41). Sì, Gesù è molto più forte di Giona. Con lui inizia il regno dell’amore. Gesù non è venuto, infatti, a mostrare una nuova ideologia o a proporre un sistema di verità da apprendere e da diffondere. È venuto a portare l’amore e la pace. E noi possiamo dire con il profeta: “Come sono belli sui monti i piedi dell’evangelista che proclama la pace che annuncia il bene, che proclama la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio!” (Is 52, 7). Ma all’intervento di Dio deve corrispondere l’impegno degli uomini. “Convertitevi”, chiedeva a tutti Gesù. Lo ripete anche sulla riva del lago di Tiberiade a Simone e Andrea, mentre erano intenti a gettare le reti; e continuando il cammino lo propose ad altri due fratelli, Giacomo e Giovanni, anch’essi occupati a riassettare le reti per la pesca. Erano modesti lavoratori, talora considerati anche impuri e di dubbia reputazione; eppure proprio a loro viene affidato un compito assolutamente straordinario: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”.
Gesù proponeva loro, forse nell’unico linguaggio che potevano intendere, una nuova prospettiva di vita; una vita non più ripiegata nella pesca di sempre, con le reti abituali e i tempi già scanditi, bensì un’esistenza immersa in un nuovo mare quello della storia, perché traessero fuori gli uomini dalle acque agitate del mondo per condurli verso la salvezza. Per i quattro pescatori iniziava un nuovo tempo, una nuova storia, una nuova compagnia, non più con i pesci ma con gli uomini. Il Signore torna lungo il mare delle nostre giornate e della nostra vita, torna all’inizio di questo nuovo secolo e rivolge a ciascuno di noi, spesso ripiegati a riassettare le nostre reti, lo stesso invito di allora: “Seguitemi vi farò pescatori di uomini”. Il Vangelo nota che “subito” i quattro lasciarono le reti e lo seguirono.
Davvero, scrive Paolo “il tempo si è fatto breve; d’ora in avanti quelli che hanno moglie vivano come se non l’avessero; coloro che piangono come se non piangessero; e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano come se non comprassero; quelli che usano del mondo come se non ne usassero appieno, perché passa la scena di questo mondo” (7,29-31). Gli affetti, il pianto, il godere, il comprare, l’usare… spesso esauriscono le nostre giornate, la nostra mente, la nostra vita, a tal punto da rinchiuderla come in una rete inestricabile. C’è come una corsa inarrestabile verso il vivere individuale, con il problema centrale dell’affermazione di sé, con il culto scatenato del proprio corpo, con la paura di invecchiare, di non prevalere… Dopo la fine delle ideologie e dei sogni sul mondo, sembra che l’unica vera passione sia l’amore per se stessi e l’unico vero oltranzismo sia l’individualismo. Il Signore viene dentro questa rete ingarbugliata che imprigiona, mortifica e intristisce con sempre più violenza la nostra vita per scioglierla e per allargarla.
Gesù vuole ampliare il nostro cuore all’amore per tante altre persone, vuole che piangiamo non solo su noi stessi ma che ci uniamo semmai al pianto di coloro che sono nell’afflizione, vuole che la gioia non sia riservata a pochi fortunati ma che tanti possano gioire, vuole che i beni di questo mondo non siano privilegio di alcuni perché essi sono destinati da Dio a tutti. E quello che intuirono i quattro discepoli, dopo aver ascoltato l’invito di Gesù. Il Vangelo è “la” parola sulla nostra vita: indica a ciascuno la sua vocazione, la sua strada, il suo cammino. Quei quattro anche se non lo avevano capito appieno si fidarono di quella chiamata e, “subito, lasciate le reti, lo seguirono”. Il Regno di Dio inizia in questo modo, sulle rive del mare di Galilea. E continua lungo la storia con la stessa logica: la parola di Gesù, il Vangelo, percorre le rive delle tante Galilee di oggi cercando uomini e donne disponibili a diventare “pescatori di uomini”.