Il centenario di Monteluce colpisce ancora… e semina ancora, abbondantemente! Sì, all’oratorio “Don Cesare Farkas” della parrocchia di Monteluce non si poteva iniziare meglio l’anno nuovo, sabato 5 gennaio, alla vigilia della festa dell’Epifania, che approfondendo il tema dell’ecumenismo.
Sebbene le immagini, del 1986, di Giovanni Paolo II insieme ai capi religiosi abbiano fatto il giro del mondo, e Benedetto XVI abbia celebrato nel 2011 la Giornata di preghiera delle religioni per la pace, non possiamo pensare che lo Spirito soffi su Assisi diversamente da come soffiava ai tempi di Gesù o di Francesco, in tutti quei luoghi dove credenti e non credenti si riconoscono come “pellegrini di verità e di pace”.
Sulla scorta delle tantissime iniziative volte a promuovere la conoscenza reciproca e il confronto in vista dell’edificazione quotidiana della pace, come la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che è alle porte, sappiamo che il cammino da fare è molto lungo, se ancora in tantissimi Paesi del mondo le discriminazioni a causa della fede (che è spesso il pretesto per conflitti politici ed economici) sono all’ordine del giorno, e generano profonde ingiustizie sociali, se non addirittura spargimento di sangue.
Ma senza volare chissà dove, domandiamoci quanto conosciamo del nostro Paese e della nostra città, ormai cosmopolita, multietnica e multiculturale, che conta oltre 130 nazionalità diverse. Da noi gli stranieri vengono menzionati quasi unicamente in occasione di atti criminali anziché considerati come risorsa per tutti, e tutti omologati tra loro, quasi non avessero un’identità. Tanto che, prima di parlare di dialogo interreligioso o ecumenismo inteso come confronto tra tutti i battezzati, è urgente tradurre in azioni concrete l’ecumenismo interno, di cui siamo ancora “a corto”, chiusi come spesso siamo, anche noi cattolici, nelle nostre realtà, più autoreferenziali che missionarie, in cui anziché lavorare insieme (e che costi fatica lo sappiamo tutti!) ci mettiamo gli uni contro gli altri.
“L’oratorio deve diventare sempre di più il Cortile dei Gentili in cui tessere relazioni di pace e speranza” ha detto il parroco don Luciano Tinarelli, salutando don Elio Bromuri, responsabile del Centro ecumenico (per felice coincidenza la nostra parrocchia in origine ha preso il titolo dalla chiesa del Verzaro ora sede del Centro ecumenico) e padre Ionut Radu, parroco della Chiesa ortodossa romena di Perugia, che ha definito l’Umbria “la regione più accogliente d’Italia”, la sola i cui Vescovi abbiano visitato il patriarca Daniel di Bucarest. Ben 180 sono ad oggi le chiese ortodosse romene in Italia, e oltre 300 i luoghi di culto. Don Elio ci ha aiutato a ripercorrere secoli e secoli di storia, ma soprattutto ci ha fatto riflettere su un fatto straordinario: l’ecumenismo non è un’invenzione moderna, anche se se ne fa risalire l’origine al Congresso di Edimburgo del 1910, ma è un imperativo di tutti coloro che si professano cristiani, perché è la via che Gesù ha indicato ai suoi discepoli: “affinché siano perfetti nell’unità” (Gv 17). Nel Vangelo, come anche nelle Lettere apostoliche, emerge con forza il legame tra l’unità dei figli di Dio, fratelli in Cristo, e la fede del mondo, e frequente è l’appello contro il pericolo delle divisioni che sono una contro-testimonianza, per cui san Paolo ammonisce coloro che sono tentati di farsi una fede a propria immagine e somiglianza e proclama “un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre”.
Non ci si salva da soli, senza fratellanza e senza comunione: ciascuno è chiamato a vedere nell’altro il volto di Gesù! Per questo è ormai superata “l’unità del ritorno” (si pregava cioè perché i non cattolici “ritornassero”) che era in voga fino a qualche decennio fa. Oggi però vanno diffondendosi tantissime Chiese dalle più svariate nomenclature, soprattutto nel mondo protestante, Chiese che hanno un minimo di istituzionalità e un grande slancio missionario, ma hanno frammentato il messaggio di Cristo e rischiano di confondere anziché educare alla fede. Tanto che al Consiglio ecumenico di Ginevra sono ben 347 quelle dichiarate, ma se ne presumono molte di più! Già il Concilio affermava che questa situazione è uno scandalo e un impedimento all’autentico annuncio del Vangelo.
Molte sono state le domande poste dall’uditorio, che si è sentito toccato nel vivo della propria fede, sia a don Elio sia a padre Ionut, riguardo alle ragioni delle divisioni tra cattolici, ortodossi ed evangelici, riguardo all’attività e alle iniziative del Centro ecumenico, e sulle principali differenze. Molto suggestiva l’immagine che don Elio ci ha lasciato: quella di una margherita, il cui cuore dorato è uno solo, Cristo, ma che può contare tanti petali che rappresentano le comunità cristiane. Ognuna prega Cristo con lingue diverse, tradizioni e riti differenti, ma si trovano tutte concordi riguardo alle principali verità di fede, che esprimiamo nel Credo di Costantinopoli, l’unico che nessuno ha osato cambiare.