Ecumenismo dei musicisti

I primi a fare dialogo ecumenico sono stati i musicisti. Mentre, dalla Riforma di Lutero in poi, gli eserciti cattolici e protestanti si combattevano con ferocia, i compositori di diversa appartenenza si spostavano da una parte all’altra d’Europa, si stimavano, imparavano gli uni dagli altri.

A sottolinearlo è Alberto Batisti, patròn della Sagra musicale umbra, attualmente in corso a Perugia e in numerose altre località della regione.

La rivoluzione religiosa di Lutero – ricorda anzitutto Batisti – divenne fin da subito una rivoluzione liturgica e musicale.

“I fedeli luterani erano chiamati a partecipare al canto come espressione del loro sacerdozio universale. Cantando esercitavano il proprio ruolo di celebranti”. E qui salta subito fuori un’attualizzazione sulla situazione cattolica negli ultimi decenni. “Non si commise l’errore – continua il direttore artistico – di dire ai fedeli: cantate come vi pare! Il fedele aveva il dovere di coltivare la musica, a cominciare dall’insegnamento scolastico fin da bambini. Questo ha dato origine a un grandioso movimento di educazione musicale”.

Diversamente purtroppo dalla riforma liturgica post-conciliare, dove l’aspetto formativo è spesso mancato, con il risultato di produrre “materiali di bassissimo livello artistico, diciamo: il populismo della canzonetta – prosegue Batisti. – Si è confuso il piano devozionale con quello rituale, che in passato erano ben distinti”. Va però aggiunto che in Umbria oggi vi è, ad esempio, l’Istituto Frescobaldi che corre ai ripari offrendo formazione qualificata a sacerdoti e responsabili parrocchiali.

Così, nei Paesi nordici si è venuto a creare “un ricco repertorio che è patrimonio comune. Sono canti dal timbro nobile, austero, intriso di sentimento spirituale. Nelle chiese luterane l’equivalente dell’organista, detto Cantor con termine latino, ha un ruolo importantissimo, paragonabile a quello del pastore nel guidare la preghiera liturgica”. Tale patrimonio non resta però ingessato: “I modelli di partenza vengono ancora oggi seguiti e rinnovati, anzi vi è un vero impulso a creare musica sacra contemporanea, ma sempre sulla scia dei maestri”.

E qui si riallaccia l’interessante, poco noto, aspetto ecumenico della questione. In una situazione di scontro religioso culminato nella carneficina della Guerra dei trent’anni (1618-1648), “i musicisti rimasero uno dei pochi ponti tra le due opposte fazioni. I compositori protestanti tedeschi venivano a studiare in Italia, a volte addirittura in casa del ‘nemico’ ossia a Roma, dove agli inizi del Seicento era maestro di cappella Girolamo Frescobaldi.

Pensando all’Umbria, ricordiamo anche che agli inizi dell’Ottocento Francesco Morlacchi divenne maestro di cappella a Dresda, città decisamente luterana”.

Il punto di confluenza di questo movimento ecumenico artistico ha un nome ben preciso. “In un secolo e mezzo di contatti e sviluppi dopo l’inizio della Riforma – prosegue Batisti – si arriva a Johann Sebastian Bach, perno di tutta la musica occidentale, pietra angolare della nostra civiltà musicale”. Pur luterano, Bach ha ispirato anche i compositori cattolici dopo di lui, e a sua volta era molto legato alla tradizione della Chiesa di Roma. “Amava gli inni mariani, al punto da salvaguardare lo Stabat Mater di Jacopone da Todi, giusto sostituendo il testo con quello di un Salmo. Ed è estremamente significativo che la sua carriera si concluda con la Messa in Si minore, il massimo testo ecumenico sul piano musicale, tant’è vero che contiene anche il Credo con la formula ‘una, santa, cattolica, apostolica’”.

Per terminare, il direttore artistico della Sagra rivendica con un sorriso la “orgogliosa originalità” della manifestazione. Un festival – dice – “che non si riduce a un’occasione per invitare questo o quel nome, come quei centri commerciali in cui compaiono sempre gli stessi prodotti. Una manifestazione non ‘griffata’ ma ‘alta’. La Sagra musicale umbra ha lo scopo di progettare opportunità di riflessione e di conoscenza, aprendo nuove prospettive”. Un pensiero va anche a Papa Francesco, che ha visitato la Svezia luterana nel 500° anniversario della Riforma: “Un grande atto di generosità nella ricucitura dei rapporti tra Chiese”.

Per tutti questi motivi il titolo dell’edizione 2017 del festival è Fratres, “fratelli”. Pensando non solo alla riconciliazione tra le varie anime del cristianesimo, ma anche alla solidarietà nei confronti delle popolazioni ferite dal terremoto in questa parte d’Italia.