Economia umbra. Il 2018 avrà meno disoccupazione

L’economia si è rimessa in moto e il 2017 si è concluso, secondo l’Istat, con reddito e potere di acquisto delle famiglie italiane in crescita. È così anche in Umbria? Il nuovo anno nella nostra regione comincia con più di 150 aziende in crisi e quasi 60.000 tra disoccupati e cassintegrati. Tra i fortunati che lavorano, uno su 5 (dato Inps) ha un contratto da precario e le buste paga sono più basse della media nazionale.

Lo stipendio annuale medio di un lavoratore dipendente in Umbria è infatti di 32.900 euro: 3.000 euro in meno del dato nazionale.

“Nonostante una recessione che qui si è fatta sentire e come, questa regione ha agganciato la ripresa – ha dichiarato la governatrice Catiuscia Marini in un’intervista al giornale La Nazione. – Ce lo dicono i numeri e lo vediamo chiaramente in tre comparti.

Nell’industria: si pensi alla meccanica e all’aerospazio. Poi nell’agricoltura e agroalimentare, e infine nel turismo, che nella parte finale dell’anno ci ha restituito con gli interessi le quote sottratte dall’effetto sisma”.

Ottimista anche il presidente della Camera di commercio di Perugia, Giorgio Mencaroni, secondo il quale, in base ai dati del sistema Excelsior, nella sola provincia di Perugia le imprese contano di assumere circa 10.000 lavoratori tra dicembre 2017 e la fine di febbraio 2018.

Intanto però i dati economici dell’Umbria, secondo l’Ires Cgil, per l’anno appena concluso la vedono avvicinarsi sempre di più alle realtà delle regioni del nostro Sud. Dal 2008 a oggi la crisi ha ridotto il prodotto interno lordo del 14,4%, gli occupati del 3,2% e gli investimenti addirittura del 46,8%. Hanno chiuso anche 3.000 imprese: erano oltre 83.000, rispetto alle 80.000 attuali.

C’è poi il problema dei 31.000 giovani umbri scoraggiati che hanno rinunciato a cercarsi un lavoro. Sono i cosiddetti “Neet”che non vanno a scuola, non partecipano a programmi di formazione professionale, e non fanno progetti per il futuro.

“Per questo il 2018 sarà un anno decisivo – ha detto il segretario generale della Cgil di Perugia, Filippo Ciavaglia. – O si inverte il trend, intervenendo a livello di sistema creando lavoro, quello buono e stabile, oppure il ritardo accumulato rischia di divenire incolmabile”. Il sindacalista ha chiesto alle istituzioni locali di “aprirsi di più alle proposte delle forze sociali e al confronto”; e alle imprese e alle loro associazioni di “cambiare atteggiamento, abbandonando la linea della competizione giocata tutta sui costi, a partire da quello del lavoro”. Il tasso di disoccupazione è più alto tra i giovani, un terzo dei quali non ha un lavoro. Eppure ci sono tante aziende che hanno difficoltà a trovare le figure professionali richieste. Lo ricorda il presidente della Camera di commercio, Mencaroni. Secondo l’indagine Excelsior, per 23 posti di lavoro su 100 è difficile trovare in provincia di Perugia il candidato con le competenze richieste. Mancano operai specializzati e conduttori di impianti nelle imprese tessili, abbigliamento, calzature; operai nelle attività metalmeccaniche; tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione.

Questo delle differenza tra le nuove competenze richieste dalle imprese e quelle offerte dai lavoratori è un problema che la società, in particolare la politica e il mondo della scuola, devono affrontare. Perché è assurdo che ci siano tanti giovani che non trovano lavoro e tante imprese che, invece, non riescono ad assumere le persone delle quali avrebbero bisogno.

 

AUTORE: Enzo Ferrini