Eccomi, manda me!

“Poi udii la voce del Signore che diceva: Chi manderò? Chi andrà per noi?. Risposi: Eccomi, manda me!”: con queste parole conclude il brano noto come la ‘vocazione di Isaia’ che introduce il tema principale della Liturgia della V domenica del TO che è la sequela del Signore.

Prima lettura

Stando ai dati biblici, ci troviamo verso la fine del VII secolo e il ruolo di cui viene investito Isaia è quello di criticare i sovrani del regno del Sud (Giudea) perché hanno mirato a fare alleanze con i capi dei popoli vicini trascurando l’alleanza con il vero sovrano, il Signore.

A lui compete anche di annunciare la sconfitta del regno del Sud causata dalla presunzione delle ‘autorità’ che con il loro modo di agire hanno provocato ingiustizie sociali e dispersione. Tuttavia, Isaia anticipa anche la promessa del Signore che risparmierà il “ceppo: seme santo” da cui poi scaturirà una fase nuova e gloriosa per la comunità dei credenti.

La suggestività di questo brano molto noto è data soprattutto dalla descrizione della gloria del Signore, di Colui che siede sul trono ed è presentato oltre che come re dal manto imponente, come il Santo per eccellenza. Isaia confida l’esperienza personale che ha con il Signore facendo palesare anche la profondità della relazione con Lui tanto da affermare di averLo “visto” (“io vidi il Signore”). Ma il profeta non si sofferma ulteriormente perché l’interesse non è il suo destino, ma quello degli uditori del messaggio.

Isaia ha un’origine sociale decisamente importante e la sua chiamata avviene all’interno del tempio di Gerusalemme. Dimostra anche di avere un’indole buona e nobile perché alla richiesta di Dio “Chi manderò?”, Isaia risponde: “Eccomi, manda me!”. Quindi, avvertita la necessità di rendersi disponibile, risponde alla chiamata ancor prima di essere ‘inviato’ direttamente dal Signore.

In questa circostanza, il profeta assiste sia alla santità che trascende e non si vede, sia alla gloria che si vede e si percepisce in virtù della sua indole ‘pesante’ (eb. kabod). Di fronte a tutto questo, Isaia si sente inadeguato, impuro, distante dalla maestà divina, ma attraverso il carbone rovente e la parola del serafino il profeta viene purificato. Allora egli si fa avanti e si propone per la missione a cui il Signore lo invia.

Salmo

Il Salmo responsoriale (138), definito “salmo della chiamata universalistica” (S. Atanasio) ‘continua’ il tema della I Lettura. In questo caso il ‘chiamato’ è Davide che, come Isaia, si trova presso il tempio, nell’ambito di una Liturgia di ringraziamento e “davanti agli angeli”.

Anche qui si esalta la grandezza del Signore come pure la sua attenzione per i deboli (eccelso è il Signore, eppure guarda verso l’umile”). È un Salmo che unisce l’eternità al tempo ed esprime l’armonia tra Dio e gli uomini, in quanto il Signore “non abbandona l’opera delle sue mani”.

LA PAROLA della Domenica

PRIMA LETTURA
Dal Libro del profeta Isaia 6,1-2a.3-8

SALMO RESPONSORIALE
Salmo 137

SECONDA LETTURA
I Lettera di Paolo ai Corinzi 15,1-11

VANGELO
Vangelo di Luca 5,1-11

Seconda lettura

Anche san Paolo nella I Lettera ai Corinzi parla della sua risposta alla sequela del Signore, ma prima di riferirci la sua esperienza personale presenta in modo lapidario il mistero pasquale soffermandosi maggiormente sulla risurrezione e, come è nella mentalità giudaica che cerca concretezza e conferme, elenca le persone che hanno assistito alla risurrezione di Gesù: l’Apostolo Pietro, i Dodici, più di 500 fratelli, Giacomo e in ultimo lui stesso.

Paolo è sì l’ultimo ad aver ‘incontrato’ Gesù, ma è soprattutto colui che per “grazia di Dio” si è “affaticato più di tutti loro” per l’annuncio evangelico.

Vangelo

Ascoltiamo poi la pagina del Vangelo di san Luca che offre anch’essa un motivo di riflessione sulla ‘sequela’, pagina che è strutturata secondo tre passaggi: l’insegnamento di Gesù alle folle presso il lago di Genesaret, la pesca miracolosa e la disponibilità di Pietro e dei figli di Zebedeo a seguire Gesù. Il contesto è ben preciso: i pescatori stanno lavando le reti e quindi sono nella fase conclusiva della loro attività lavorativa, ma l’impegno non ha portato i suoi vantaggi in quanto è scritto “abbiamo faticato l’intera notte e non abbiamo preso nulla”.

Nonostante questo drastico realismo, “sulla parola di Gesù” Pietro accetta di mettersi in gioco tornando a pescare e, alla vista di uno strepitoso e impensabile risultato, non può che riconoscere la potenza divina di Gesù che infatti chiama “Signore” manifestandogli l’ossequio religioso con l’inginocchiarsi davanti a Lui. Ma come è stato per Isaia, anche in Pietro subentra il sentimento di inadeguatezza, tutta l’indegnità di un uomo dinanzi alla maestà divina (“allontanati da me, poiché sono un peccatore!”). Eppure Gesù lo conferma e gli dice (letteralmente): “catturerai essere umani”, alludendo alla futura missione di attirare, radunare e confermare i credenti in Cristo.

L’incontro con il divino ha causato in Isaia, in Paolo, in Pietro e nei figli di Zebedeo un radicale mutamento di vita e soprattutto la presa di consapevolezza della necessità a rendersi disponibili per una missione. Pensiamo dunque anche noi alle ‘urgenze’ ecclesiali e sociali del nostro tempo, confidiamo sulla fiducia che il Signore nonostante tutto sempre ci accorda, sentiamoci interpellati e diciamo anche noi: “Eccomi, manda me!”.

Giuseppina Bruscolotti