Caro don Verzini,
recentemente ho visto riportato da più giornali il discorso di Papa Francesco alla 68a Settimana liturgica nazionale, in cui afferma che la “riforma liturgica è irreversibile”. Questa affermazione non lede la tradizione precedente alla riforma, come se si dovesse guardare alla liturgia solo dal Concilio in poi?
Carissimo lettore,
non credo che l’affermazione di Papa Francesco, come tutto il discorso tenuto il 24 agosto scorso, sia in rottura con la tradizione, ma all’interno della tradizione liturgica stessa. Infatti, lungo il corso dei secoli la liturgia ha subìto continue evoluzioni nella prassi rituale e nella sua comprensione teologica. Lo stesso Papa all’inizio del suo discorso elenca alcuni suoi Predecessori che hanno promosso una riforma per alcuni ambiti della vita liturgica della Chiesa. Quindi il Pontefice non fa altro che inserirsi in questo cammino di rinnovamento proposto in questi ultimi secoli, in modo particolare dal movimento liturgico e poi dal Concilio Vaticano II.
Il 4 dicembre 1963, alla domanda del segretario del Concilio, card. Pericle Felici: Placetne vobis patribus Constitutio de S. liturgia quae modo lecta est? (“Piace dunque a voi padri la Costituzione sulla santa liturgia che è appena stata letta?”), 2.147 Padri conciliari hanno risposto “placet”, dando così la possibilità alla Sacrosanctum Concilium, la Costituzione sulla liturgia, di venire alla luce.
Questo documento parla proprio della promozione della riforma liturgica, per riscoprire il senso teologico della liturgia e riformare i riti per una più attiva partecipazione dei fedeli, affinché la liturgia stessa sia fonte e culmine della vita cristiana (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 10). Ciò significa che la maggior parte dei Padri conciliari avevano il desiderio di un profondo rinnovamento della vita liturgica della Chiesa.
Il Papa, riprendendo quindi questo desiderio dei Padri, invita la Chiesa a non fermarsi alla riforma dei soli libri liturgici, ma a continuare nel lento cammino di ripensamento della prassi rituale e della sua teologia, evitando “letture infondate e superficiali, ricezioni parziali è prassi che sfigurano” la riforma (dal discorso di Papa Francesco ai partecipanti alla 68a Settimana liturgica nazionale).
Il discorso del Papa quindi non è una chiusura verso la tradizione precedente, ma un dare ancora seguito al lavoro già avviato da tempo nella Chiesa, secondo il principio del conservare la sana tradizione e aprire allo stesso tempo al legittimo progresso (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 23). Riformare la liturgia semplicemente riproponendo alcune modalità rituali dalle quali è scaturito in passato proprio il desiderio stesso di riforma sarebbe un tradimento del desiderio riformatore del Concilio.