La pubblicazione in corso delle opere complete di Joseph Ratzinger in tedesco e in italiano fa emergere in modo unitario l’eccezionale retroterra teologico di Papa Benedetto XVI e l’enorme, e allo stesso tempo luminoso, accessibile e popolare, spessore intellettuale del suo magistero, che abbiamo avuto la possibilità di apprezzare e di gustare negli otto anni di pontificato che ora, per sua libera scelta, si conclude.
Nella sua vastissima bibliografia personale e negli interventi relativi al suo ministero petrino, vengono trattati aspetti appartenenti a tutti gli ambiti della teologia, dalla Scrittura alla Tradizione, dalla dommatica alla morale, dalla liturgia alla spiritualità, fino a costituire una vera enciclopedia organica di questa scienza.
In Germania si sente dire che nella persona del Papa ci sono le teste di nove teologi e un cuore da fanciullo. Il Papa è un fine letterato, un vero artista della parola. Alla maniera della Scrittura e dei Padri della Chiesa il suo stile è vivace, spontaneo, meditativo, mentre alla maniera dei teologi scolastici esso sa essere anche preciso, essenziale, speculativo; per questo è originale e difficilmente imitabile. L’opera teologica di Ratzinger, come del resto il suo pontificato, sono essenzialmente la coerente espressione intellettuale, morale e spirituale della sua vita di uomo, di studioso, di pastore.
Per tentare di focalizzare alcuni punti essenziali della sua prospettiva teologica, che si riflettono anche nel suo insegnamento pontificio, si possono distinguere il livello formale, quello metodologico e quello contenutistico.
Formalmente parlando, la teologia di Ratzinger consiste, a partire dalle due dissertazioni per il dottorato (su Agostino) e per l’abilitazione (su Bonaventura), in un nugolo di scritti improntati al dialogo. Egli ha instaurato fin dagli esordi dei suoi studi e ha condotto fino al presente, un intenso dialogo pluridirezione con la Bibbia, con i Padri e con i Medievali, con la Tradizione successiva (Concilio di Trento), con la modernità e postmodernità. La sua partecipazione da perito teologo al Vaticano II gli ha permesso di dialogare con i padri (card. Frings) e i teologi (Rahner, Congar, Betti) del Concilio e di lasciare per questa via la sua impronta nei documenti conciliari notoriamente impostati secondo uno stile pastorale e dialogico.
Dialogare significa ascoltare gli altri e ricavarne un insegnamento che va ad arricchire la visione personale; dialogare significa farsi ascoltare dall’altro per presentargli e fargli intendere le proprie ragioni, che saranno tanto più valide quanto meno si tratterà delle proprie private convinzioni, e quanto più queste saranno in grado d’interpretare e ampliare l’universalità della fede. Come riflesso dell’importanza e del valore attribuiti al principio dialogico, la teologia di Ratzinger/Benedetto XVI ha anche una forte impronta ecumenica. Formalmente, dunque, la teologia di Ratzinger è una teologia cristiana in dialogo, che non vuole e non sa fare a meno del dialogo, e che induce anche gli altri al dialogo.
Anche per quanto riguarda l’aspetto metodologico della teologia di Benedetto XVI si possono segnalare almeno due spunti che caratterizzano il suo pensiero.
Metodologicamente parlando, la teologia di Ratzinger è innanzitutto teologia biblica. L’opera di Ratzinger è un immenso commentario vivente alla Scrittura. Con la Bibbia, siamo sul terreno solido e insuperabile della Parola di Dio, che la tradizione approfondisce, aggiorna e trasmette senza travisarla. Che la teologia del Papa sia sostanzialmente teologia biblica e patristica aggiornata alla luce del Vaticano II, significa anche che la sua è teologia storica. La storia non fa la verità, perché la riceve da Dio stesso che si rivela; però la verità entra nella storia e si rende accessibile al suo interno, cioè attraverso le esperienze storiche del popolo dei credenti, che vengono elaborate intellettualmente e tradotte in prassi pastorale capace a sua volta di provocare nuove conoscenze e nuove esperienze.
C’è poi l’aspetto contenutistico del pensiero di Joseph Ratzinger. Delle molteplici tematiche teologiche sviluppate in maniera originale da Ratzinger è possibile citare in questa sede solo la dottrina su Dio e quella sulla Chiesa e i sacramenti. Notiamo però anzitutto che per il Santo Padre la teologia non è solo l’approfondimento razionale della fede che si esprime nel Credo, ma, nel far ciò, essa manifesta anche la capacità d’illuminare, interpretare e orientare i credenti riguardo a ogni altra realtà umana: la storia, la politica, il lavoro, l’Europa, l’ambiente, tutte tematiche su cui Ratzinger ha dato importanti contributi, condensati, a livello magisteriale, nell’enciclica Caritas in veritate. Laddove la fede è un impulso essenziale per la vita dell’uomo, la teologia è la sua traduzione in termini di orientamento concreto ed efficace.
Joseph Ratzinger è stato, dunque, un teologo fedele e innovatore e un Papa proteso al rafforzamento e alla purificazione della comunione ecclesiale. Il Vaticano II rimane il punto focale della sua capacità di osservare e valutare la Chiesa e il mondo. Nell’esercizio dei suoi diversi ministeri e ruoli egli ha acquisito la statura di un Padre della Chiesa, di un Dottore medievale, di un Pontefice in cui il carisma di Pietro si è realizzato in maniera allo stesso tempo mite, ardita e sicura.
Il Conclave: in tempi brevissimi
Proprio oggi, 1° marzo, il Cardinale Decano invia ufficialmente le lettere di convocazione ai cardinali, primo atto della Sede vacante. “È verosimile – ha ipotizzato padre Lombardi, direttore della Sala stampa – che le Congregazioni generali non vengano convocate il sabato e la domenica, dunque è possibile che dopo questi due giorni comincino il più presto possibile, con la settimana successiva, che inizia lunedì 4 marzo”. Ai cardinali, poi, spetta decidere quante Congregazioni tenere e fino a quando, oltre che stabilire la data d’inizio del Conclave. Le Congregazioni, ha aggiunto il portavoce vaticano, “ci possono essere anche al pomeriggio, secondo un ritmo stabilito dai Cardinali stessi, così come l’intensità e la frequenza”. Il luogo delle Congregazioni è l’aula nuova del Sinodo, sopra l’aula Paolo VI. I cardinali elettori, ha reso noto padre Lombardi, “non abiteranno a Santa Marta prima della vigilia del Conclave. Ora ci sono alcuni lavori di riadattamento delle stanze, che, come stabilisce la Costituzione, vengono sorteggiate durante le Congregazioni dei cardinali. Nell’imminenza del Conclave, ogni cardinale vi si trasferisce”.