“Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi. Mangi carne, bevi sangue: ma rimane Cristo intero in ciascuna specie”. Così recita la Sequenza della solennità del Santissimo corpo e sangue di Cristo introducendoci al più ‘incomprensibile’ ma salutare dei misteri divini. E tutta la Liturgia della Parola ci avvia alla contemplazione di questo Mistero.
Prima lettura
La I Lettura tratta dal libro della Genesi ci presenta la figura gloriosa di Abramo che ha appena sconfitto Chedorlàomer, re di Alam, liberando dalle sue mani Lot, le sue donne e i suoi beni. Di ritorno da questa impresa vittoriosa, ecco andargli incontro per fargli onore il re di Sodoma e Melchisedek, re di Salem. La liturgia in questa solennità ci presenta proprio l’incontro di Abramo con Melchisedek che gli offre “pane e vino” e lo benedice.
Il nome Melchisedek è costituito da due sostantivi ebraici: melek ‘re’ e sedek ‘giustizia’. Di lui conosciamo che è re di Salem (che vuol dire ‘pace’), identificabile con Gerusalemme, ed ha un’origine misteriosa perché privo di genealogia, caratteristica indispensabile per le figure bibliche importanti (Eb 7,2), eppure il gesto di Abramo di donargli la “decima di tutto” mette in risalto la grandezza e il valore che Melchisedek aveva agli occhi dell’Autore biblico.
Salmo
Come recita il Salmo responsoriale, Melchisedek è sacerdote distinto da un’investitura dagli effetti perenni (Sal 110,4). Quest’ultimo dettaglio è ripreso nella Lettera agli Ebrei che evidenzia così un parallelo tra il sacerdozio di Melchisedek e quello di Gesù.
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA
Genesi 14,18-20SALMO RESPONSORIALE
Salmo 109SECONDA LETTURA
Dalla I Lettera di Paolo ai Corinzi 11,23-26VANGELO
Vangelo di Luca 9,11b-17
Seconda lettura
Nella II lettura tratta dalla I Lettera ai Corinzirisalta proprio il sacerdozio di Gesù proponendo il racconto della Cena del Signore con il comando ripetuto due volte: “fate questo in memoria di me”.
Tra i tanti aspetti su cui potremmo soffermarci in merito a questa che è una delle testimonianze più antiche della Cena del Signore, sostiamo proprio sul ‘fare memoria’. Il termine greco ‘memoria’ (anamnesin) eredita il significato dell’ebraico ‘zikkaron’ che non significa il puro atto mentale del ricordare, ma il vero e proprio rivivere nel momento presente l’atto compiuto da Cristo.
Questo ha uno spessore teologico altissimo perché la comunità è così ammessa a partecipare responsabilmente al piano salvifico della morte e risurrezione di Cristo.
Vangelo
Gesù nel corso della sua missione pubblica ha dato un’anticipazione di questo evento. Ce ne parla la pagina evangelica tratta dal capitolo 9 del Vangelo secondo Luca che conclude la prima parte del Vangelo, dopodiché ha inizio la narrazione della salita verso Gerusalemme.
L’episodio di questa domenica è preceduto dall’invio in missione dei Dodici, il loro ritorno ‘glorioso’ e la proposta di Gesù di ritirarsi “in disparte” nei pressi di Betsaida. È in questo contesto e luogo che “le folle” accorrono per ascoltare Gesù che si rende disponibile a cambiare ‘programma’ e si attiva ad “accogliere”, a parlare loro del Regno e a guarire “quanti avevano bisogno di cure”.
Quindi l’evangelista Luca introduce la scena della moltiplicazione dei “5 pani e 2 pesci” con la stessa espressione che userà nell’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus, ovvero “il giorno cominciava a declinare” e in tutte e due le circostanze Gesù benedice, spezza e distribuisce il pane. A prendere l’iniziativa sono proprio i Dodici, forse anche motivati dalla poca fede che non permetteva loro di vedere possibilità alcuna di sopravvivenza in quell’ambiente desertico.
Alla proposta di Gesù “voi stessi date loro da mangiare”, i Dodici propongono una soluzione ‘pratica’ che è quella di andare a comprare i viveri per tutti. Il seguito riguarda l’assoluta ordinarietà. Il pane e il pesce costituivano l’alimento base nella Terra di Gesù e il far sedere (lett. sdraiare) la folla nonché il benedire il pane prima del pasto rientravano nelle mansioni del capo famiglia.
Una volta fatti sedere tutti i “5.000 uomini” a gruppi di 50 (come era nella prassi biblica di organizzare il popolo, Es 18,25) seguono le azioni del ‘prendere’, ‘alzare gli occhi’ (per stabilire la comunione del celebrante con il divino), ‘benedire’, ‘spezzare’ e ‘distribuire’ che sono relative al rituale ebraico della ‘benedizione’ (berakà) che eseguivano (ed eseguono) i credenti in occasione della consumazione del pasto con i familiari.
E l’esito è tale che “tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste”. In altre occasioni abbiamo avuto modo di commentare il dettaglio numerico che rimanda alla Torah (5/5000/50), alle tribù d’Israele (12) e alle nazioni pagane (7), ma questa volta intendiamo mettere in risalto la conclusione felice (sazietà) e ricca (avanzi), caratteristiche queste che scaturiscono dal prodigioso intervento di Cristo, Sommo Sacerdote, a favore del suo popolo.
Questo prodigio si ripete ogni giorno sull’altare e continua a distribuire con validità eterna felicità e pienezza! “Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma …”.
Giuseppina Bruscolotti