… E quei pochi soldi li si gioca d’azzardo

Nonostante la crisi gli umbri spendono un miliardo di euro all’anno per tentare la fortuna

 C’è meno lavoro e ci sono meno soldi. Calano consumi e spese, ma non quelle per tentare la fortuna con videopoker, slot-machine, lotterie varie e sale bingo.
Gli umbri nel 2011 vi hanno speso più di un miliardo di euro, rosicchiando stipendi, pensioni nonché “paghette”. Sì, perché anche agli adolescenti piace scommettere. La metà dei ragazzi umbri tra i 15 ed i 19 anni ha giocato almeno una volta negli ultimi 12 mesi, preferendo videopoker e le lotterie on-line. Il gioco sta diventando una sorta di pericolosa dipendenza, come droga, fumo ed alcol, tanto che recentemente la Giunta regionale ha deciso che l’Osservatorio epidemiologico regionale estenderà la sua attività anche al monitoraggio del fenomeno della dipendenza dal gioco, per adottare interventi di prevenzione e terapie di riabilitazione. È anche un settore dove la criminalità organizzata ha la possibilità di infiltrarsi, gestendo direttamente sale gioco e slot-machine per riciclare denaro sporco e fari affari con l’usura. Spesso infatti chi perde al gioco finisce nelle mani di chi presta illegalmente il denaro, come testimoniato anche dalle richieste di aiuto alla Fondazione umbra contro l’usura. Il riciclaggio del denaro sporco attraverso il gioco d’azzardo è un fenomeno che esiste anche nella nostra regione, ha ricordato a palazzo Cesaroni il sostituto procuratore antimafia Antonella Duchini nel novembre scorso, nella sua audizione davanti alla commissione d’inchiesta regionale sulle infiltrazioni mafiose.

Situazione in Italia e Umbria
Succede in tutto il mondo: il fatturato globale delle scommesse legali è in costante crescita. Un +15 per cento nei primi nove mesi del 2011 rispetto all’anno precedente, secondo i dati della Wla (World Lottery Association). Succede anche in Italia, dove nel 2011, sperando nella fortuna, si sono spesi 76,5 miliardi di euro. Erano stati 60 nel 2010 e 53 nel 2009, a conferma di un fatturato che cresce di più in tempi di crisi, quando i soldi non bastano più ad arrivare a fine mese. Un affare per il Fisco: 9,2 miliardi incassati l’anno scorso, con un aumento del 5,7 per cento rispetto al 2010. Più della metà dei soldi spesi dai giocatori italiani l’anno scorso sono finiti nelle new slot e nelle videolotterie.
La febbre del gioco cresce anche in Umbria, soprattutto in provincia di Terni. Nel 2011 ogni ternano, neonati compresi, ha speso mediamente 1.560 euro, per un fatturato a livello provinciale di 351 milioni. Sono stati invece 731 quelli spesi in provincia di Perugia, con una media pro-capite di 1.174 euro. Anche in Umbria gran parte di questi soldi sono stati spesi per slot machine e videolotterie (1.105 euro in provincia di Terni e 731 in quella di Perugia). Nell’ordine delle preferenze dei giocatori umbri seguono “gratta e vinci” e Lotto.

Adolescenti a rischio
L’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa ha svolto uno studio su 40 mila adolescenti tra i 15 ed i 19 anni, dal quale risulta che l’11 per cento rischiano di diventare “scommettitori patologici” e che il 6,5 per cento ha speso nel gioco 50 euro nell’ultimo mese. I giochi preferiti sono il videopoker e quelli on-line, ma acquistano anche tagliandi “gratta e vinci” e schedine del Superenalotto. Giocano nei bar, pub, tabaccherie, da soli a casa, ma frequentano anche le sale scommesse.
In aumento le richieste di aiuto
Ai servizi sociali del Comune di Perugia sono in aumento le richieste di aiuto di persone rovinate dal gioco, e che spesso sono finite nelle mani degli usurai. Lo ha detto il sindaco, Wladimiro Boccali, intervenendo l’anno scorso al convegno nazionale, organizzato dalla Sapar Umbria (Sezione apparecchi per pubblica attrazione ricreativa), dal titolo “Affinché il gioco rimanga un gioco – Il gioco a tutela di tutti”. Durante i lavori era stata presentata la campagna nazionale Sapar per la prevenzione della compulsività del gioco e la tutela dei minori. Una serie di norme comportamentali alle quali si devono attenere gli esercenti di locali pubblici e sale gioco.

Il gioco: terza azienda d’Italia

Con un fatturato nel 2011 di 76,1 miliardi per le scommesse legali, e di almeno 10 miliardi per quelle illegali, il gioco è la terza impresa italiana. Il dossier di Libera, dal titolo Azzardopoli, fotografa “un terreno borderline” in cui le mafie hanno la possibilità di impiantarsi per fare affari: nella gestione delle slot, di fatto – sottolinea lo studio – le cosche sono “l’undicesimo concessionario occulto del Monopolio”. Al momento ci sono 10 concessionarie, ognuna delle quali ha un collegamento telematico che comunica i dati sulle giocate al Fisco, per poi applicare le tasse al 12%: l’attività delle mafie consiste nell’alterare le macchinette in modo da annullare o abbattere i dati comunicati al Fisco. Un trucco che è stato scoperto anche in alcuni locali pubblici dell’Umbria. Le mafie si infiltrano nelle società che gestiscono i punti scommesse, nelle sale gioco che fanno da “lavanderie” per i soldi sporchi; lucrano con l’usura; gestiscono bische clandestine e Toto nero; acquistano i biglietti vincenti dai giocatori, pagando un sovraprezzo che va dal 5 al 10%, per riciclare il denaro sporco. Esibendo tagliandi vincenti di Superenalotto e lotterie, i clan possono così giustificare l’acquisto di beni e attività commerciali. “Un danno sociale, ma anche umano – ha detto il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti. – Bisognerebbe applicare le direttive dell’Oms, che dicono che la dipendenza da gioco è una malattia sociale, e va fatta prevenzione”. Libera sollecita quindi una legge quadro sul gioco d’azzardo, di limitare i messaggi pubblicitari e di marketing, e di promuovere campagne di informazione. Intanto però televisioni, radio, giornali e manifesti continuano a promuovere l’ultimo gioco, l’ultima lotteria che può cambiarci la vita.

AUTORE: Enzo Ferrini