Con il rito di chiusura della Porta santa della cattedrale di Orvieto, domenica 16 novembre si è ufficialmente concluso il Giubileo eucaristico straordinario concesso dalla Santa Sede alla diocesi di Orvieto – Todi per gli anni 2013-2014, in occasione del 750° anniversario del miracolo di Bolsena e della bolla Transiturus con cui papa Urbano IV istituì la solennità del Corpus.
“Un tempo di grazia e benedizione”, quello del Giubileo, come lo ha definito il vescovo Benedetto Tuzia. Tempo sul quale ha apposto il sigillo il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, cui è spettato il compito di chiudere i battenti della Porta santa, che – ricordiamo – era stata aperta il 13 gennaio dello scorso anno dal card. Giovanni Battista Re.
Ad accogliere il card. Baldisseri in piazza Duomo qualche minuto prima delle ore 17, il vescovo Tuzia, l’arcivescovo Giovanni Marra, già amministratore apostolico della diocesi, mons. Fabio Fabene, sottosegretario del Sinodo dei vescovi, il parroco del Duomo don Marco Pagnotta, i canonici del Capitolo della cattedrale e le autorità civili e militari del territorio.
La solenne celebrazione eucaristica ha avuto inizio con l’ingresso processionale, mentre la schola intonava l’inno giubilare A Cristo Pane di vita, e poiché la ricorrenza coincideva anche con la festa della Dedicazione della cattedrale (oltre che con il Giubileo diocesano dei chierichetti), il Cardinale ha subito reso omaggio alla prima pietra della cattedrale, benedetta nel 1290 da papa Niccolò IV.
Nella omelia, il card. Baldisseri ha detto che “il Giubileo è stato un dono che ha portato migliaia di pellegrini a varcare la Porta santa di questa splendida cattedrale dedicata a Maria Assunta, per iniziare un nuovo cammino di grazia e di appartenenza al popolo di Dio verso la Gerusalemme celeste. La porta – ha sottolineato – evoca il passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere, e allo stesso tempo include la disciplina penitenziale nel contesto della quale si configura l’indulgenza come manifestazione della pienezza della misericordia del Padre che a tutti viene incontro. Cristo è la nostra indulgenza”.
Ha voluto inoltre ricordare che Gesù è alla porta e bussa, chiama per entrare nel nostro cuore, ma anche – come affermato da Papa Francesco – molte volte Egli “è dentro e bussa alla porta per uscire, per uscire fuori, e noi non lo lasciamo uscire”.
Dopo i riti di comunione, il Cardinale ha quindi invitato tutti a lodare Dio per l’eucaristia appena celebrata e per gli straordinari doni dei due anni giubilari e a camminare. “Diventate voi stessi – ha esortato – la lode del vostro canto, fatevi eco delle miriadi di voci supplicanti e oranti che nell’anno santo si sono innalzate in questa diocesi di Orvieto-Todi e in tutto il mondo. Cantate, ma camminate. Il canto sia sigillo del ringraziamento e soglia per ripartire. Ripartite da Cristo, voi che avete trovato misericordia. Ripartite da Cristo, voi che avete perdonato e che avete accolto il perdono. Ripartite da Cristo, voi che conoscete il dolore e la sofferenza. Ripartite da Cristo, voi tentati dalla tiepidezza: l’anno di grazia è tempo sconfinato. Ripartite da Cristo, o voi tutti della Chiesa di Orvieto-Todi. Cantate e camminate”.
Subito dopo, al canto del Te Deum, i fedeli sono stati invitati a uscire processionalmente dalla Porta santa, sulla cui soglia poi il porporato, in silenzio, si è inginocchiato e ha pregato. Quindi, alzatosi, ne ha chiuso i due battenti mentre la schola intonava l’acclamazione Christus heri et hodie, finis et principium; Christus alpha et omega. Ipsi gloria in saecula!
Il card. Baldisseri, infine, ha impartito a tutti i presenti – che gremivano, nonostante il tempo incerto con pioggia intermittente, la scalinata del duomo e la piazza antistante – la solenne benedizione che ha concluso la significativa e toccante celebrazione eucaristica.
Chiuse le porte, la diocesi è ora chiamata ad essere una “Chiesa in uscita”, sempre più missionaria ed “eucaristica”.
Con gli occhi fissi sulla Porta-Gesù
La Porta santa è immagine di quel cammino di purificazione, proposto dal Giubileo eucaristico straordinario, che ha avuto come scopo l’“accesso” al dono dell’indulgenza plenaria. In questi due anni giubilari, il gesto di varcare la Porta santa non è stato solo simbolico, ma ha anche rappresentato l’impegno a voler essere di Cristo e a seguirlo.
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù afferma: “Io sono la porta” e passare per la Porta santa durante il Giubileo eucaristico ha significato quindi, come Gesù nell’eucaristia, fare della nostra vita una vita eucaristica, vita che si fa dono, che si fa pane per la fame di tanti nostri fratelli. Qual è il messaggio – vogliamo chiederci – di questa chiusura? La porta sia per noi memoria che ci accompagna e che ci precede nel pellegrinaggio della vita. Il Giubileo infatti si chiude, ma l’anno di grazia annunciato da Gesù di Nazareth continua nella vita della Chiesa e nella vita personale di ciascun credente. L’uomo, dopo la cacciata dal paradiso terrestre, è un pellegrino in continuo cammino alla ricerca di un senso e di una meta per la propria vita. Noi tuttavia non camminiamo da soli: Dio, nell’eucaristia, si fa nostro compagno di viaggio, perché il nostro pellegrinare diventi cammino di conversione e di ritorno al Padre. Dopo la conclusione di questi due anni giubilari continuiamo a tenere i nostri occhi fissi sulla Porta che è Cristo, e rimaniamo sempre più in comunione con il successore di Pietro, che si è reso a noi vicino con la presenza dei due cardinali legati pontifici, e dell’intero Collegio apostolico, per non deviare dal cammino che conduce alla porta del Cielo. E camminiamo cercando di essere sempre più – come auspicato dal nostro vescovo mons. Benedetto Tuzia alla presentazione del nuovo progetto pastorale per la diocesi di Orvieto-Todi, il 21 settembre scorso a Collevalenza – “una diocesi eucaristica”, e per questo costantemente in uscita verso le “periferie esistenziali” dell’umanità.