Bellissimo, eh!, il primo aneddoto che v’ho raccontato a proposito del piglio da bucaniere che Elio Cecchetti metteva in campo nella sua quotidiana dedizione al bene degli altri. Ascoltate il secondo.
Anno 1975. La Comunità di San Girolamo (futura Comunità di Capodarco dell’Umbria) ha preso l’abbrivo: accanto a sei-sette ragazzi che hanno scelto di vivere con noi, una dozzina di disabili sono ormai (come diceva il Pulpettone) “a polaro”.
Ma non c’è l’ascensore. Come fare per portare Doretto al primo piano? Nel secondo cortile abbiamo piazzato un lunghissimo ponte in salita, tavoloni e tubi Innocenti. “Lunghissimo”, per addolcire la pendenza: Doretto pesa 180 (centottanta) chilogrammi. Ma l’ascensore ci vuole! Per realizzare l’ascensore scaviamo la montagna (do una mano anch’io) sul retro dell’edificio.
Si chiamerebbe “martello pneumatico”, ma tutti lo chiamano motopicco: 80 kg che, quando tu lo tieni puntato a terra e la forza elettrica lo fa vibrare, ti stroncano le braccia; io reggo 4 o 5 minuti, poi chiedo il cambio; Gianni Cecchini regge quattro volte tanto. Ma il lavoro non rende, perché il terreno che domani alloggerà la fossa dell’ascensore è fatto di un materiale che a cielo aperto si sfarina, ma prima di quel momento è durissimo, e spezza le punte del motopicco una dopo l’altra.
Arriva Elio e mi copre di improperi. Il più lieve: “Non capisci un cavolo”, con tre “z”. Poi: “È vero che fate la raccolta di carta e stracci?”. È vero. “Bene, stavolta raccogliete solo vecchi materassi!”.
Quando ebbe a disposizione una ventina di materassi, tutti vagamente maleodoranti, Elio convocò un suo antico operaio. “Antico”: magro, lunghissimo, allampanato, polveroso, con un occhio bollo anche lui e gli orecchi a sventola. Lo chiamavano “il Vignale”. Nella cava di Elio, a Mocaiana, aveva ricoperto tutti i ruoli del minatore, dal crivellino al sondatore all’armatore.
Il Vignale praticò con un trapano a punta lunghissima (un metro o forse più) una serie di fori sul rettangolo predestinato, poi li allargò con un alesatore d’acciaio temperato. Poi… “Fuori tutti!” gridò Elio, e chiuse la porta del primo cortile. Rimasero dentro solo lui e il Vignale, a riempiere di tritolo tutti quei buchi e a coprire il tutto con i venti materassi.
Tutta la comunità era sul piazzale. La nostra attesa fu abbastanza lunga da spegnere ogni voglia di scherzare. Poi… una botta tremenda. Ci sembrò di essere tutti sulla schiena di un cavallo imbizzarrito. Un materasso cadde vicino a noi, gli altri 19 erano sparsi un po’ su tutto il tetto. Ci guardammo in faccia, ci abbracciammo, pronti al peggio.
E invece la porta si aprì e uscirono Elio e il Vignale, coperti da cinque cm di polvere.
Ci precipitammo dentro: il convento non aveva subito danni, la buca agognata era enorme.
Elio sorrideva. Il Vignale pareva che sorridesse.