Si parla di fede, anzi di fede speranza e carità. È quanto avviene negli incontri (un centinaio fra tutti) organizzati in occasione di “Umbria libri” una rassegna dell’ editoria regionale che porta il titolo “In nome della fede” (vedi art. pag. 6). Ma non è l’unico caso. Si può anzi dire che oggi ne parlano tanti, tutti. Giustamente, perché la fede interpella ogni persona cosciente. Alcuni l’affermano, l’apprezzano, la difendono, la vivono, altri al contrario la negano, la disprezzano, l’accusano, la combattono, altri ancora la declinano in varie modalità, secondo le diverse tradizioni religiose. Nessuno si sottrae al suo richiamo e molti ne sentono il fascino, se non altro di parlarne, di farne oggetto di ricerca e di discussione. Ci sono quelli per esempio che si dilettano trattarne avvertendo, però, che essi non credono, o credono di non credere, in buona compagnia con quegli altri che dicono di credere di credere ma non ne sono sicuri e non sanno perché. Gli incontri di Umbria libri dei prossimi giorni offriranno un curioso e interessante spettacolo, seguendo il copione dei personaggi che esprimeranno le loro opinioni in base a convinzioni religiose o filosofiche. Si potrà assistere a dialoghi inconsueti e tutt’altro che scontati tra persone di orientamenti diversi e lontani e talora anche contrapposti. Si pensi a Flores d’Arcais, che si professa ateo, ritenendo l’uomo nella condizione descritta dal mito di Sisifo, (condannato a spingere il suo macigno in cima alla montagna sapendo che il macigno rotola sempre di nuovo a valle) alle prese con la fede senza ombra di dubbio di un musulmano osservante, quale Soheib Benscheikh, imam di Marsiglia. Qualcosa di simile è già avvenuto nella trasmissione di “Porta a porta” di alcuni giorni addietro dove Vespa ha potuto mostrare la fede senza incrinature dell’imam della moschea di Torino che ha distribuito lezioni a tutti, la graffiante razionalità di Roberto Vacca che ha affermato di aver dimostrato con un calcolo matematico l’inesistenza di Dio e, la fede serena e sicura di Claudia Koll. Dopo il caso Buttiglione, poi, di fede si è discusso in lungo e in largo. Niente di male se non per certe espressioni superficiali e strumentali da parte di chi vuol tirare Dio dalla sua parte politica. Questo è avvenuto nella campagna elettorale americana, nella quale la fede è stata contesa dai due partiti e gettata nella mischia elettorale. Ma lo scandalo maggiore, che il Papa ha detto che suona come una bestemmia, è affermare che si può morire e uccidere in nome di Dio e come testimonianza di fede, come si esprimono i kamikaze iracheni e palestinesi. Insomma, anche in questo nostro mondo secolarizzato, che vuol cancellare dalla società ogni traccia di religione e di sacro, come si tenta di fare in Francia, la fede va in scena, è tirata in ballo, e si trova attorniata da attori o comparse che la descrivono, la interpellano, la esaltano o la criticano o la calpestano, senza guardarla bene negli occhi, senza incrociarne lo sguardo. E lei è là, sul palcoscenico del mondo da cui nessuno è mai riuscita a scacciarla, pronta a dire e dare ragioni a chi le chiede. Se ascoltata nel profondo apre la soglia della speranza contro l’angoscia della vendetta e l’orrore del sangue. Si può dire della fede ciò che è stato detto di Dio. Il nome più nominato, invocato, bestemmiato, usato, consumato, calpestato che esiste sulla terra, che, tuttavia, resiste alla consunzione e riappare ogni volta con la novità luminosa di un mattino. Dio, e la fede in lui, saranno di scena ancora. Si tratta solo di guardarsi dentro e scoprine il valore.
È di scena la fede
AUTORE:
Elio Bromuri