Ho avuto una leggera incrinatura mentale sul titolo da dare a questa riflessione. Scrivere “Due papi due santi” oppure “Due santi due papi”? Sono santi e perciò sono diventati papi, oppure sono papi e per questo sono stati dichiarati santi? Questione di lana caprina, si potrà dire. Ma in questi giorni molti commentatori e storici hanno messo in evidenza che i due personaggi che vengono dichiarati solennemente santi sono tali per grazia di Dio e per loro meriti e non per lo stato di pontefici. In altri termini, scavando nella storia di Carol Woityla e di Angelo Roncalli vi sono tracce che indicano la loro virtù e i grandi doni di grazia ricevuti dallo Spirito che sarebbero emersi anche se non fossero diventati papi. Infati non tutti i papi sono santi. È indubbio che vi sono state nella storia delle canonizzazioni di tipo oggettivo e istituzionale destinate a far emergere la funzione storica e l’influsso esercitato nella storia della Chiesa: diciamo un uso “politico” della canonizzazione. Un esempio tipico è quello di Costantino che gli ortodossi considerano santo per aver dato la libertà ai cristiani con il famoso “Editto di Milano” del 313, e non per meriti personali avendo trascorso una vita tutt’altro che evangelica. Possiamo dire una santità oggettiva, risultata dalle scelte politiche, più che per le virtù praticate. Altra osservazione messa in giro da alcuni tradizionalisti in questi giorni è rivolta ad osservare la “strana” santità di personaggi che hanno avuto una vita normale e bella, piena di soddisfazioni e di riconoscimenti che non sembra paragonabile alla vita di padre Pio da Pietrelcina e di tanti altri Santi della tradizione cattolica. Come se la santità fosse riservata a precisi canoni di comportamento e di spiritualità. I nostri due papi non sono santi perché papi, ma perché riconosciuti degni di questo titolo e posti sul candelabro perché tutti possano continuare a vedere le loro opere buone e glorificare il Padre, e prenderli come guide ed esempi di vita cristiana. Potremmo dire che sono santi e papi nello stesso tempo e in maniera simbiotica. Una santità che si è espressa nella loro vita privata ed è come esplosa nell’esercizio del governo della Chiesa universale. Un grande evento dello Spirito che ha voluto esaltare il carisma e il ministero, la persona e la funzione, la vocazione e la missione, come segno di unità nella pluriformità dalle azioni e dei modi di essere, degli stili di vita, della formazione teologica e culturale. Il papa Francesco da cui dipende in ultima istanza la decisione di “canonizzare” Woityla e Roncalli ha usato il dono del discernimento e non ha fatto una scelta trasversale sommaria dichiarando santi tutti i papi – che tali in generale si potrebbero ritenere almeno da Pio IX a Giovanni Paolo II – ed è stato aiutato in tale decisione di giudizio definitivo dal “sensus ecclesiae”, che in termini banali potremme dire il fiuto del popolo, l’odore di santità, il profumo di vangelo, che il popolo ha recepito da subito, in maniera corale e cordiale, dalla acclamazione al “Papa Buono” al grido “Santo subito” di piazza San Pietro. Sappiamo quanta stima e fiducia papa Francesco riservi al popolo nella sua semplice e immediata percezione di fede, nel suo intuito spirituale. Francesco è il Papa che ha cominciato il suo ministero petrino chiedendo la benedizione del popolo. Se andiamo a vedere la storia della Chiesa possiamo ricordarci che spesso è stata determinante la vox populi per considerare qualcuno santo. Francesco d’Assisi, ad esempio, è stato dichiarato santo due anni dopo la sua morte (1228) in questo modo. Nella Chiesa il popolo di Dio nel suo complesso, guidato dallo Spirito, in comunione con i suoi pastori, è protagonista, soggetto, destinatario e custode della santità, ricchezza e respiro dell’umanità. La festa della Chiesa e la gioia del mondo intero per questa doppia canonizzazione è un evento della Storia e una vittoria dello Spirito che ancora oggi aleggia sulla creazione in cerca di armonia e di pace. Di ciò ognuno di noi deve essere profondamente grato.
Due papi, due santi
AUTORE:
Elio Bromuri