Per un Cristiano leggere la storia dovrebbe essere un esercizio del tutto feriale. Come per un vigile urbano dirigere il traffico. Come per Maria De Filippi banalizzare la vita a pagamento. Il Signore ci ha voluto come ‘Popolo di Dio nella storia’. La storia è come la nostra placenta. Un feto, ipoteticamente dotato prima del tempo del discernimento di domani, non potrebbe mai e poi mai disinteressarsi della placenta che lo avvolge, lo accoglie, lo nutre, lo trasforma in un uomo. Tutte le letture dell’orrendo 11 marzo madrileno hanno una loro verità. Ma la lettura che il Vangelo della III Domenica di quaresima chiede al ‘Popolo di Dio nella storia’ è diversa da tutte e compatibile con ciascuna. Perché, come tutte le istanze autenticamente religiose, si pone su di un altro piano. Due gli eventi che Gesù legge in quella pagina di Luca. Uno di essi si propone sotto il segno della crudeltà, l’altro sotto il segno della fatalità. Da una parte la crudeltà di Ponzio Pilato, un procuratore romano deluso della vita, ma occhiuto nel suo afrore coriaceo. Pilato è anche un amaro filosofo scettico, che si lava spesso le mani, e usa profumi di classe. Stavolta Pilato, di fronte all’ennesima sollevazione patriottico/brigantesca dei Galilei, ha pensato una repressione volutamente profanatrice: li ha fatti sgozzare mentre sgozzavano gli animali dei loro sacrifici. Gesù: no, non è detto che quei Galilei fossero peggiori degli altri. Dall’altra parte la fatalità che ha travolto quei poveri 18 corpi sfigurati dal crollo improvviso di una parte della torre di Siloe. Gesù: no, non è affatto detto che essi fossero colpevoli di chissà che cosa. Ed eccolo, il colpo di reni: ‘Ma se non vi convertite, anche voi morirete’. Nella sua lettura dei due eventi Gesù salta alla risposta ultima, quella che attiene al senso ultimo dell’evento. Eppure lui sapeva bene individuare le ‘risposte penultime’, le risposte politico/culturali, e lo aveva dimostrato denunciando l’endemico bisogno che affligge gli oppressori: non riescono a dormire se non si fanno chiamare ‘Benefici’, ‘Evergèti’ come i re d’Egitto. Ma qui Gesù salta alla risposta ultima. Tutto vero, o per lo meno probabile, quello che la gente dice dei due eventi. Ma dietro le risposte penultime, è alla risposta ultima che bisogna arrivare. Sotto il segno della crudeltà o sotto il segno della fatalità, i due eventi appartengono ad una stessa matrice, quella paurosa logica di morte che ab ovo s’è insinuata nella vicenda umana e minaccia ogni vita personale e chiede a ciascuno di prenderne coscienza per contrastarla quanto possibile. Batterla, vincendo il male dovunque esso s’annidi con tutto il bene che sia possibile, è compito quotidiano di tutti. Chi non è impegnato in questo, nel suo quotidiano, taccia, per favore, sugli eventi di Madrid. Scavi i due centimetri di terra che la sua analisi gli permette di scavare poi taccia.