Dopo Lampedusa. “Barbari” anzi fratelli: il commento di padre Pierli

Immigrazione: le riflessioni del missionario di origini tifernati padre Pierli dopo la visita del Papa a Lampedusa

papa-lampedusaSpesso siamo sorpresi e scioccati dalle ondate di migranti che dall’Africa sbarcano a Lampedusa. La sorpresa e la paura rischiano di farci dimenticare che i movimenti di popoli sono un importantissimo capitolo della storia dell’umanità.

Potremmo dire che ogni generazione ne sperimenta qualcuno. Io, per esempio, che sono del 1942, ne ho sperimentati almeno tre. Alla fine degli anni ’40 e durante gli anni ’50, tanti dall’Alta Valle del Tevere, dove sono nato, e dalla valle del Metauro da dove proviene mia mamma, emigravano in Francia, Belgio e Svizzera, una buona parte per restarvi, altri per lavoro stagionale.

La seconda ondata migratoria nel 1960-1970 fu, per così dire, interna; gli abitanti dell’Appennino scesero al piano, lasciando completamente deserte le colline e la montagna. La gente andava in pianura per trovare un lavoro più umano e più redditizio alla Nardi, alla Sorgema, alla Buitoni e alla Fattoria Tabacchi.

Poi la terza grande emigrazione iniziata negli anni ’90 dall’Africa, dall’America Latina, dalle Filippine verso l’Europa. Un’onda ‘sismica’ che ancora continua, a ritmi che non accennano a diminuire. Fenomeno che contribuisce in maniera determinante a cambiare la geografia umana dei vari Continenti. Anche le religioni vengono profondamente rimescolate; prima il cristianesimo era in Europa, i musulmani in Medioriente e Nord Africa, gli hindu in India. Ora una stessa zona, come l’Alta Valle del Tevere, creduta fino a 40 anni fa un’area tutta per noi umbro-marchigiani-toscani, è sempre più un’“insalata russa” di etnie e religioni provenienti dai quattro angoli della Terra.

Indifferenza e paura

Papa Francesco nel suo viaggio a Lampedusa ha voluto attirare l’attenzione su come noi – sia come cristiani sia come italiani – reagiamo a questi fenomeni di migrazione, soprattutto quella dall’Africa, facendo dell’attenzione positiva al fenomeno migratorio uno degli assi portanti del suo Pontificato. Ha stigmatizzato due sentimenti abbastanza comuni di cui, forse, non sempre ci rendiamo conto: la paura e l’indifferenza.

La paura è causata dal fatto che gli immigrati sono ‘diversi’ per lingua, razza e religione. Il nuovo, in genere, fa paura e viene sentito come una minaccia. Temiamo che ci toglieranno il lavoro, che distruggeranno il cristianesimo per rimpiazzarlo con l’islam, le nostre chiese con le moschee. Papa Francesco cerca di esorcizzare queste paure, come 1.500 anni fa altri due grandi Papi, Leone Magno e Gregorio Magno, aiutarono i cittadini del moribondo Impero romano ad accogliere con speranza le cosiddette “invasioni barbariche” che non erano altro che grandi migrazioni dal Nordest dell’Europa e dell’Asia verso le zone più temperate del Mediterraneo.

I Papi di allora, come Francesco oggi, mobilitarono le Chiese a facilitare l’incontro tra i popoli locali di stirpe latina e di religione cristiana con i nuovi venuti di stirpe e religioni differenti. La mobilitazione ecclesiale per facilitare l’incontro dei popoli del Sud, romano-cristiani, con quelli del Nord fu coronata da grande successo. I cosiddetti “barbari” si aprirono alla fede cristiana, ai valori giuridici e amministrativi dell’Impero arricchendo nel contempo l’Europa di nuova vitalità e nuova energia. L’Europa di cui facciamo parte è il frutto di quel grande incontro che rigenerò e rinnovò sia la fede cristiana sia la popolazione europea.

Ce la farà Papa Francesco a mobilitare le Chiese cristiane e i cittadini europei ad accogliere con rispetto e dignità i nuovi arrivati, e ad aprirli alla visione della vita ispirata dal Vangelo? È ovvio che questo non vuol dire imporre la fede cristiana! La libertà di religione è un diritto fondamentale di ogni persona umana. Quindi ben lungi dall’imporre! Ciò che fecero Leone e Gregorio Magno fu di proporre una visione di vita, di famiglia e di diritti umani basata sul Vangelo, sull’esempio e sulla parola di Gesù Cristo. Quando sento parlare di “nuova evangelizzazione”, la vedo proprio in questo contesto come facilitazione di un incontro e sinergia tra le comunità cristiane europee (notevolmente invecchiate) con i popoli nuovi che stanno arrivando. Incontro e integrazione che dovrebbero rinnovare sia chi riceve, sia chi arriva.

Bibbia, dottrina sociale della Chiesa, emigrazione

Le migrazioni costituiscono, si potrebbe dire, lo sfondo sociale della Bibbia, senza di cui sarebbe impossibile comprenderne il messaggio. Abramo, il nostro padre nella fede, fu un grande emigrante dall’Iraq alla Turchia, dalla Palestina all’Egitto, e infine in Israele. Il fatto centrale della Bibbia, l’Esodo, fu un grande evento migratorio che fornì al popolo ebraico – nelle incertezze nei pericoli di movimenti di massa, sia in mare che nel deserto – l’esperienza di Dio e della Sua protezione. Una protezione che manteneva ardente la speranza di una ‘terra promessa’ senza peraltro attutire i morsi del deserto. Le lamentele e le mormorazioni contro Dio non si contavano, come si può leggere nel libro dell’Esodo e dei Numeri. Ma alla fine il deserto è alle spalle, le mura di Gerico si spappolano, e il popolo di Israele entra con una grande liturgia nella Terra promessa.

Nel leggere le storie di tanti emigranti, nel racconto dei morti e delle violenze subite a opera delle innumerevoli mafie che cercano di estorcere i dollari racimolati con tanta fatica, non possiamo non vedere l’avventura del popolo ebraico nel deserto, costantemente minacciato dalle tribù che controllavano il territorio, come i moabiti e i madianiti.

 

I cristiani abbiano un ruolo trainante

Papa Francesco e tutti noi cristiani possiamo e dobbiamo trovare nella Bibbia un grande aiuto per sviluppare una visione di fede e atteggiamenti positivi come la compassione, la solidarietà, la vicinanza e l’accoglienza. Ovviamente, gli atteggiamenti da soli – per quanto essenziali – non sono sufficienti! Bisogna creare delle strutture giuridiche e sociali che facilitino l’incontro e l’integrazione tra i popoli, e che sottraggano i fenomeni migratori alla grande criminalità organizzata – nuove interpretazioni delle “mafie” antiche, che trasformano le grandi migrazioni da cammini verso una vita migliore in percorsi di nuove schiavitù. È indubbio che l’Europa politica e i Governi locali, come quello italiano, devono costantemente elaborare nuove politiche per gestire il fenomeno. I cristiani dovrebbero giocarvi un ruolo ispirante e trainante. La paura e l’indifferenza sono atteggiamenti negativi, erronei ma ben radicati! È la sfida di Papa Francesco, e di tutti noi cristiani, affermare la nostra fede: attraverso le grandi migrazioni moderne, Dio ci invita a riconfigurare tutti i confini a cui siamo abituati, e che per decenni abbiamo considerato “sacri”. Fiduciosi e coraggiosi, verso una nuova umanità! (p. f. p.)

AUTORE: Padre Francesco Pierli missionario comboniano