Don Nazzareno Marconi, il prete colto, biblista affermato, docente di Sacra Scrittura, amato dai suoi alunni, in tutti gli anni del suo ministero non si è risparmiato. Ha molto lavorato, dedicandosi a tutto campo nell’ambito della attività pastorale, non rifiutando inviti e richieste che gli sono venuti da tutte le parti, senza nulla togliere agli importanti compiti che gli sono stati via via assegnati. La sua caratteristica è stata quella di mettere insieme la specializzazione dello studio biblico con la divulgazione della Parola attraverso la lectio, le catechesi, le conferenze che ha tenuto in tantissimi luoghi e in moltissime e varie occasioni.
Non si è chiuso nella “cittadella” della specializzazione, ma è stato un prete “in uscita”, come direbbe Papa Francesco. In questo suo dedicarsi all’incontro con le parrocchie e i movimenti, tra iniziative varie di catechesi e di formazione, ha stretto molti legami divenendo amico di molti, di tutti. La sua amabilità e facilità di colloquio e di confidenza lo ha reso popolare e bene accolto. Prete e parroco in senso proprio e pieno, senza remore e preclusioni. Anche nel ruolo di rettore del Seminario regionale umbro ha reso il cammino di formazione un processo di crescita umana, oltre che spirituale, in un clima di serenità e amicizia.
La sua sincerità e schiettezza non gli hanno mai impedito di esprimere anche opinioni controcorrente, non senza un pizzico di umorismo e ironia. In questi tratti di umanità, più che nella “maschera” dello studioso, don Nazzareno ha lasciato un segno e ha arricchito quelli che lo hanno incontrato anche solo occasionalmente. Le ultime sue lezioni che ho apprezzato sono state la relazione – con relativo articolo – sul simbolismo della croce e sullo stile di vita dei preti. Lezioni veramente magistrali. La sua è una comunicazione chiara e calda, che parte dal cuore e si nutre della ampia preparazione, riuscendo a fare sintesi tra profondità del pensiero e facilità del linguaggio. È un comunicatore in quanto rivela di essere un uomo vero, che non ha sotterfugi e non sfugge alle sfide.
Sarà un Pastore “con l’odore delle pecore”, sempre secondo il linguaggio di Papa Francesco, e con la luce della Parola; e molti si rallegreranno e lo sentiranno vicino, come alcuni – molto probabilmente – con la sua nomina a vescovo sentiranno che si sta allontanando da loro e avranno qualche rimpianto.
Un particolare che fa onore a don Nazzareno e che si combina con quanto sopra descritto è la sua disponibilità a scrivere per questo settimanale, La Voce. Non è raro il caso, infatti, che alcuni “intellettuali” o che si considerano tali, sia tra il clero che tra i laici cattolici che si ritengono “cattolici doc”, disdegnino la stampa cosiddetta minore, quella locale, e soprattutto quella cattolica.
Invece troviamo che don Nazzareno per circa un anno dal novembre 1984, lo stesso anno della rinascita del settimanale, ha commentato il Vangelo della domenica, cosa che ha ripreso poi a distanza di anni nel triennio 1997 – 2000. L’ultimo Vangelo commentato per noi è stato per la domenica della festa di Cristo Re. Un commento rapido, stringente, che così conclude: “Il nostro mondo crede di raggiungere la verità a forza di parole, parole forti, gridate, violente. Gesù, nel momento della verità, sulla croce ha detto solo sette parole. Parole di debolezza, di amore premuroso, di perdono e di affidamento al Padre. Poi il silenzio! A ricordare che la via della verità passa attraverso il silenzio più che attraverso la chiacchiera e l’urlo. Chi segue Gesù ‘viene alla luce’, entra nella vita nuova del Regno. La regalità di Cristo si attua aprendo a tutti questo cammino”.
Credo che già in queste parole si possa intravedere il segno di uno stile pastorale.