Oltre 3 milioni di persone in Italia soffrono di disturbi del comportamento alimentare (Dca), 15 mila in Umbria (dati sottostimati). Nel 2023, 3.780 sono stati i decessi per malattie legate a questi disturbi, con una variabile più alta nelle Regioni dove sono scarse o assenti le strutture dedicate. Negli ultimi tre anni si registra un +40% di diagnosi, con il doppio delle richieste di ricovero.
Fondi stanziati dal ministro Orazio Schillaci
Ma nonostante i dati allarmanti, il governo di Giorgia Meloni aveva deciso di tagliare i fondi previsti per curare questa patologia, fino a fare retromarcia dopo le proteste. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha promesso un fondo di 10 milioni di euro per il 2024. Il fondo è stato istituito nel 2021 dal governo Draghi (25 milioni di euro), con lo scopo di rinforzare la rete degli ambulatori multidisciplinari, assenti in molte regioni. Un passo importante anche per un vero riconoscimento, con budget a sé stante, dei Dca nei Livelli essenziali di assistenza (Lea).
In Umbria la rete per i Dca è eccellente, quali i centri
Non è pessimista la direttrice della rete Dca Usl 1 Umbria e past president della Società italiana riabilitazione, Laura Dalla Ragione: “La rete di eccellenza che abbiamo qui, attiva dal 2003, non è a rischio, ma i fondi sono necessari perché anche in Umbria l’utenza sta aumentando”. Due sono i centri a Todi, uno diurno e uno residenziale; a Città della Pieve c’è il centro (primo in Italia) che si occupa di disturbo da alimentazione incontrollata e obesità; a Umbertide quello rivolto ai piccoli. “I fondi che abbiamo ricevuto – spiega Dalla Ragione – sono stati utilizzati per rinforzare i nostri servizi territoriali e ospedalieri: questo ha permesso maggiore omogeneità tra le aziende sanitarie locali. Ora tutti gli umbri hanno accesso agli stessi servizi”.
Con la pandemia è scesa l’età di esordio della malattia
Dopo la pandemia si è registrato un abbassamento dell’età di esordio: “Abbiamo tanti piccoli pazienti che spesso necessitano di un’assistenza molto particolare. Questo fenomeno è cresciuto a livello nazionale e regionale, perché il Covid-19 ha portato a una grande sofferenza anche nei preadolescenti. Sono stati privati della scuola e della socializzazione, soprattutto con i propri coetanei”. Si registra infatti un aumento del 30% dei disturbi, “che ha riguardato particolarmente la fascia fra gli 8 e i 13 anni, e questo ci preoccupa molto di più. Se l’esordio è precoce, la patologia è più grave. Altro elemento preoccupante, sono aumentati moltissimo i maschi, che erano praticamente una rarità fino a dieci anni fa. Oggi, invece, nella fascia tra i 12 e i 17 anni sono il 20%. Quindi probabilmente fra dieci anni non sarà più un disturbo ‘di genere’”.
Dove sono distribuiti i centri Dca
I Dca sono sempre più in aumento, ma non bastano strutture e specialisti. Il maggior numero dei centri, 63 su 126, si trova nel Nord Italia, 23 nel Centro, di cui 6 in Umbria. A Perugia opera dal 1997 l’associazione di pazienti ed ex pazienti “Il pellicano”, specializzata in percorsi di assistenza individuale e di gruppo, rivolta a pazienti e familiari. La struttura, convenzionata con l’Asl 1 dal ’98 e dalla quale riceve 50 mila euro, ha assistito nel corso degli anni più di 2.000 persone, anche molti studenti universitari fuori sede.
“Il pellicano – racconta il direttore sanitario Giampaolo Bottaccioli –, nato all’interno del Centro di salute mentale di Perugia, è stato il primo a prendersi cura di persone affette dai Dca. Nato per la volontà di un gruppo di pazienti, sostenuto dagli operatori psichiatrici, si è assunto la responsabilità di rappresentare una patologia allora poco compresa e difficile da curare. Il pellicano è diventato un porto sicuro di accoglienza, ascolto e cura, dove spazio e tempo vengono riempiti di significati e contenuti volti a dare sicurezza, autostima, serenità, perché si è capiti e protetti fino alla presa di coscienza e guarigione”.
Varie le attività di socializzazione: lettura, pittura, teatro, scrittura, cucito, preparazione dei pasti e cura dell’orto. “Attività che hanno lo scopo – conclude Bottaccioli – di avvicinare i pazienti alla conoscenza di sé tramite la conoscenza della realtà circostante e alle varie possibilità di modificarla, crearla, amarla”.
Rosaria Parrilla