La cronaca ripropone il tema dell’“abuso di ufficio”, che, secondo alcuni, si ravviserebbe negli atti di questo o quell’esponente politico. Senza entrare nei casi concreti, tenterò qualche spiegazione tecnica. Dunque: una caratteristica tipica degli incarichi pubblici di un certo livello è che i loro titolari hanno il compito di scegliere fra più opzioni tutte ugualmente legittime. Si chiama discrezionalità e deve essere esercitata, si capisce, avendo per guida l’interesse pubblico, non l’interesse privato del titolare o dei suoi amici.
Si suppone che chi viene designato ad una certa carica sia una persona integerrima, ma non ci si può fidare troppo. Il sistema prevede perciò alcune contromisure. Una è quella di dare il potere di fare certe scelte non ad uno solo, ma a più persone riunite (un consiglio comunale, una giunta), un’altra è far sì che la scelta passi attraverso più fasi e più sedi, in modo che ci sia un controllo reciproco e ci siano più punti di vista. Tutto questo per avere la scelta migliore possibile per l’interesse pubblico.
La coda finale è – o meglio era fino a poche settimane fa – la giustizia penale, qualora si sospettasse che il titolare del potere lo abbia usato intenzionalmente per dare a Tizio un vantaggio che sapeva ingiusto, o per procurare a Caio un danno che sapeva ingiusto. Questo prevedeva l’art. 323 del codice penale; il quale era stato più volte modificato negli ultimi anni, ogni volta per rendere più ridotto lo spazio per la sua applicazione; l’ultima versione era tale che rendeva quasi impossibile incriminare qualcuno. Ma, a quanto pare, sembrava ancora troppo, perché l’attuale maggioranza politica ha votato la pura e semplice cancellazione dell’art. 323 e quindi del reato di abuso di ufficio (legge 9 agosto 2024, n. 114). Così sono decadute tutte le accuse e tutte le indagini pendenti. Liberi tutti.
Va notato che questo è avvenuto dopo che il sistema amministrativo era stato riformato (con una legge del 1997 e una modifica costituzionale del 2001, entrambe volute da maggioranze di centrosinistra) nel senso della abolizione dei controlli amministrativi di legittimità sugli atti delle regioni e degli enti locali. Vuol dire che la nostra classe politica – di destra e di sinistra – ha una gran fiducia nei suoi componenti quali disinteressati servitori del bene comune.