di Tonio Dell’Olio
L’“indice di Gini” è un coefficiente che misura la disuguaglianza di una distribuzione. Il più delle volte viene adottato per quantificare le disuguaglianze nella redistribuzione della ricchezza e, di conseguenza, la concentrazione dei beni. Come di consueto, a inizio anno Oxfam fa i conti in tasca al mondo, e rileva che la ricchezza cresce; ed è una notizia che dovrebbe mettere tutti di buon umore. Poi invece prosegue nella ricerca, adotta il coefficiente di Gini, e si accorge che la ricchezza è cresciuta sì, ma solo per pochi, anzi per pochissimi. I dati diffusi quest’anno sono quantomeno preoccupanti anche in riferimento all’Italia, dove l’1% più ricco possiede quanto il 70% dell’intera popolazione.
Ad avere la peggio nel mare della disuguaglianza sono le donne e i giovani, dove quelli più fortunati non guadagnano più di 800 euro al mese e gli altri sono catalogati tra i “working poor” ossia, pur lavorando, vivono in uno stato di povertà. Ma per tener fede al titolo di questa rubrica bisogna almeno dire che la situazione mondiale non è migliore, e su questo punto rimandiamo alle cifre del rapporto. Nello stesso tempo però segnaliamo “Chiudiamo la forbice. Dalle diseguaglianze al bene comune: una sola famiglia umana”, la campagna promossa da un ampio ventaglio di realtà dall’Azione cattolica alla Focsiv, da Pax Christi ad Avvenire, dai Salesiani a Finanza etica e tanti altri. Non si tratta solo di un segnale di attenzione, ma di un alito di speranza.