Il discepolo per Gesù

“Quale uomo può conoscere il volere di Dio?”.

Prima lettura

È l’interrogativo con cui inizia la prima lettura della XXIII domenica del TO, lettura tratta dal libro della Sapienza e che coincide con l’ultima parte della bellissima preghiera che Salomone rivolge al Signore per impetrare il dono della sapienza. Il re è consapevole della vacuità dei “ragionamenti dei mortali” e delle riflessioni intorno alle “cose della terra”, tanto più l’inadeguatezza degli uomini che indagano le “cose del cielo”.

Ecco allora la risposta del Signore che invia il suo “santo spirito” affinché gli uomini conoscano il Suo volere, agiscano in virtù di ciò che Gli è gradito e usufruiscano del carattere salvifico della “sapienza”.

Salmo

Il Salmo responsoriale (90), l’unico intitolato “Mosè, uomo di Dio”, è una preghiera-riflessione sulla condizione di precarietà della vita umana. Il tono iniziale sembra essere per niente entusiasmante (“fai ritornare l’uomo in polvere”, “l’erba al mattino fiorisce, alla sera è falciata e secca”), ma nel corso dell’intero Salmo si assiste ad una progressione dei sentimenti che evidenziano la consapevolezza che la fruttuosità dell’agire umano non si arresta con il tempo della vita terrena, ma continua attraverso le generazioni successive e ciò è dono del Signore che rende “salda”, cioè dall’indole imperitura, l’opera delle mani dell’uomo.

LA PAROLA della Domenica

PRIMA LETTURA
Libro della Sapienza 9,13-18

SALMO RESPONSORIALE
Salmo 89

SECONDA LETTURA
Lettera di Paolo a Filèmone 9b-10.12-17

VANGELO
Vangelo di Luca 14,25-33

Seconda lettura

La II lettura è tratta dalla Lettera di S. Paolo a Filemone, Lettera dal testo brevissimo, ma dalla finalità pastorale preziosissima. Paolo si rivolge a Filemone, un credente in Cristo della comunità di Colossi. Il motivo di questa Lettera è l’invio dello schiavo Onesimo al suo ‘padrone’ Filemone dal quale è fuggito via probabilmente a causa di un furto.

Paolo, che si trova a Efeso, ha avuto occasione di incontrare Onesimo e di aver fatto da tramite alla sua conversione a Cristo. Ora l’apostolo chiede a Filemone di riaccogliere Onesimo non più come schiavo, ma come fratello. Questa breve Lettera segna quindi una svolta in quanto espone ufficialmente la posizione cristiana nei riguardi della schiavitù.

Paolo non attacca né polemizza nei confronti delle istituzioni sociali del tempo, solo fa presente la nuova condizione dei credenti in Cristo che, in quanto tali, non sono che legati dall’unico rapporto che è la fratellanza.

Vangelo

Nella pagina del Vangelo secondo Luca leggiamo di Gesù che sta camminando verso Gerusalemme e “grandi folle” gli vanno dietro e proprio a loro parla della sequela che è ben altro dal semplice andargli dietro in strada. Gesù indica perciò le caratteristiche che fanno il vero discepolo. Intanto il discepolo è invitato a ‘odiare’ i propri familiari.

Nella Sacra Scrittura, il verbo greco (miseo‘odiare’ applicato ai rapporti familiari sta a significare l’atto del trascurare qualcuno, di dare meno importanza ad alcuni a favore di una predilezione che si nutre verso altri (Gen 29,31; Dt 21,15; 2 Sam 19,7; Is 60,15; Lc 16,13).

In questo caso a tutti (“grandi folle”) è chiesto di preferire il legame con Gesù a qualsiasi altro legame. Luca è l’evangelista che, rispetto a Matteo, completa la lista dei membri familiari come a voler trasmettere una maggiore radicalità ovvero che nessuno dei legami affettivi, neanche quelli più profondi (genitori/figli, moglie/marito), hanno il diritto di frapporsi tra il discepolo e Gesù.

Prioritario è il rapporto con Gesù, in secondo piano ci sono le altre relazioni. Ma questo ancora non basta! Il discepolo deve anche liberarsi dall’attaccamento al suo amor proprio e, considerato l’itinerario che ha come meta Gerusalemme, gli viene anche chiesto di portare “la sua croce”.

Queste tre condizioni che fanno il discepolo autentico sembrano impossibili, ma in realtà vengono vissute spontaneamente da quanti fanno un vero e proprio incontro con Gesù. Sono del resto richieste che Gesù fa a gente che ha già scelto di seguirlo e che è invitata a fare un atto di umiltà e ad autovalutarsi.

A questo punto il messaggio pretende alti riscontri e gli uditori sono invitati a confrontare la propria disponibilità a seguire Gesù con due similitudini che Egli propone loro: una riguarda l’ambito edilizio, l’altra quello militare. La prima è relativa ad un uomo che si avvia alla costruzione di una torre, ma, non avendo mezzi sufficienti, si trova costretto ad interrompere la costruzione e a sentirsi indirizzata la derisione di quanti vedono.

La seconda parla di un re che parte per la guerra, ma non fa prima i conti con il numero dei componenti dello schieramento contrario e deve provvedere alla grave situazione con un’ambasceria di pace.

Queste due similitudini che sembrano voler scoraggiare la sequela di Cristo, intendono promuovere in coloro che già seguono Gesù la consapevolezza di non poter riuscire da soli ad assecondare le tre esigenze del discepolato (‘trascuratezza’ degli affetti, rinuncia all’amor proprio, croce), e quindi di dover ricorrere ad una confidenza senza limiti nel sostegno divino.

Ma la logica rimane pur sempre questa, Gesù lo ripete: “chi di voi non rinunzia a tutti i suoi beni non può essere mio discepolo”. È la sintesi di tutti gli aspetti richiesti, la rinuncia ai beni materiali ed affettivi perché è Cristo il sommo bene. Pertanto con Maria, nel giorno della festa della Sua natività, ogni discepolo, ossia ognuno di noi, è portato a rinnovare a Cristo il suo oblativo “Eccomi!”.

Giuseppina Bruscolotti