«Dio mi ha beneficato oltre ogni mia immaginazione». Nella gratitudine, mons. Goretti vive in Dio.

«Nella fede in Gesù risorto che, nei suoi pastori, guida nel tempo la sua Chiesa, il vescovo mons. Domenico Sorrentino,con tutto il presbiterio diocesano,comunica con dolore il ritorno alla casa del Padre di mons. Sergio Goretti,vescovo emerito,pastore illuminato e generoso,che per oltre venticinque anni,ha retto la nostra Chiesa particolare. Il ricordo affettuoso dell’intera diocesi si fa preghiera ardente e fiduciosa.

La Messa esequiale si celebrerà lunedì 25 giugno, alle ore 10.00, nella cattedrale di san Rufino».

Con queste parole è stata annunciata la morte di mons. Sergio Goretti, vescovo emerito di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, avvenuta nelle prime ore della mattinata di oggi, venerdì 22 giugno, Festa del voto.

Nato 83 anni or sono a  Città di Castello (PG) il 2 aprile 1929, era sacerdote dal 5 aprile 1953  e vescovo dal 1981 (eletto il 14.12.1980, ordinato il 06.01.1981, insediato l’8 febbraio dello stesso anno). «Da vescovo – così scrive nel testamento, datato 4 agosto 2010 – ho avvertito, più che mai, le difficoltà del ruolo e del servizio pastorale e ogni giorno, anche con sofferenza, mi sono reso conto dei miei gravi limiti. La divina Provvidenza mi ha fatto incontrare molte persone, vivere momenti di straordinaria intensità e affrontare anche prove abbastanza difficili, ma spiritualmente le più benefiche».

Con solerzia, gioia grata e zelo apostolico, visse intensamente il suo servizio alla Chiesa, Sposa del Signore Gesù Cristo, soprattutto nella “porzione” a lui affidata. Sempre nel testamento, scrive: «ho tanti motivi di gratitudine, poiché Dio mi ha beneficiato oltre ogni mia immaginazione. Ho avuto la fede, il presbiterato e, con mia sorpresa, anche l’episcopato: ho potuto far parte della Chiesa e servirla prima nella mia diocesi di Città di Castello, poi a Roma presso la sede apostolica e, infine, come vescovo, in questa straordinaria e unica Chiesa particolare di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, sotto la protezione di san Rufino, di san Francesco e di santa Chiara, accompagnato dalla collaborazione e comprensione dei figli e delle figlie di questi due straordinari santi».

Quale pastore della Chiesa nata dalla predicazione di san Rufino, accolse il papa e i capi delle religioni mondiali nella storica giornata di preghiera per la pace del 27 ottobre 1986. In Essa si trovò a vivere il tempo critico del terremoto e della ricostruzione post-sismica. Per Essa spese le sue energie spirituali e materiali, con particolare attenzione ai presbiteri e ai diaconi: per essi nutriva un vero e puro affetto paterno.

Divenne vescovo emerito della diocesi l’11.02.2006. Da allora si era ritirato presso il palazzo dei canonici, adiacente alla cattedrale di san Rufino, ed ivi ha vissuto gli ultimi anni della sua vita, sempre disponibile a prestare con generosità  e discrezione il suo ministero. Era divenuto, sempre dal 2006, direttore di Casa Papa Giovanni, ad Assisi, e aveva conservato la sua attenzione al dialogo fra le religioni e a favore di ogni uomo fatto a immagine somiglianza di Dio, facendosi anche promotore del Museo della Memoria.

Fino alla fine si è preoccupato di rispondere alla chiamata del Padre e al testamento dell’amore fraterno, lasciato dal Maestro, convinto della Misericordia che tutto abbraccia: «non so né quando né come il Signore mi chiamerà: mi affido a Lui. Gli chiedo solo la grazia di concludere la mia vita terrena in piena comunione di amore, poiché vorrei che il mio ultimo istante fosse il sì più convinto alla sua divina volontà. Spero che Dio allarghi le sue braccia di misericordia, perdoni i miei peccati e mi venga incontro nel suo infinito amore di Padre».

In questi ultimi giorni, più di una volta, dopo essere stato “preparato” per la dialisi, ritrovandoci per la celebrazione eucaristica, mi aveva detto di non avere paura della morte; solo gli dispiaceva di dover dare fastidio a chi avrebbe dovuto accudirlo. Ed è tornato alla casa del Padre silenziosamente, nel sonno, adagiato su un fianco. Sereno. Come un bimbo svezzato in braccio a sua madre.

Il Signore, Pastore grande del gregge, lo conduca ai quieti pascoli del suo Regno. Passi a servirlo al banchetto del Regno, come ha promesso ai suoi servi fedeli. Lo accompagni la tenerezza della Madre di Gesù. Di essa, sempre nelle sue ultime volontà, scrive: «mi affido alla materna intercessione e protezione della Madonna, da me venerata e amata come “Madre mia, Fiducia mia”».

È possibile visitare la salma del presule presso la cappella del Santissimo della Cattedrale di Assisi. Domenica sera, 24 giugno, alle ore 21.00, sarà celebrata una veglia di preghiera.

 

Assisi 22.06.2012

AUTORE: Don Giovanni Raia

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  1. Nel giorno delle esequie di mons. Sergio Goretti, vescovo emerito di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, che è stato presidente della Conferenza episcopale umbra (Ceu) dal 1995 al 2004, l’Ufficio stampa e comunicazione della Delegazione regionale della Caritas Umbria lo ricorda attraverso la testimonianza del dott. Giocondo Leonardi, già direttore della Caritas diocesana e delegato regionale Caritas, oggi direttore dell’Istituto Serafico di Assisi, pubblicata sul sito http://www.chiesainumbria.it/caritas.

    «Fu il vescovo della gente, sempre disponibile al colloquio, schietto e cordiale soprattutto con la gente semplice, conosceva di persona tantissimi suoi fedeli. Durante il terremoto del 1997 fu accanto alla gente, in particolare ai fedeli delle zone più colpite di Nocera Umbra. Celebri le sue dichiarazioni sulla stampa: “a furia di parlare del timpano mi avete rotto i timpani” con riferimento all’eccessiva enfasi data dai giornalisti al timpano della basilica di San Francesco e non al dramma della povera gente, rimasta senza nulla. Due anni dopo il terremoto si espresse in un’intervista rilasciata a Famiglia Cristiana in termini così perentori che furono ripresi dai giornali di mezzo mondo.
    “Ho paura delle strumentalizzazioni: i politici, per ovvie ragioni, dicono che va tutto bene, l’opposizione dice che tutto va male. Desidero una riflessione serena, ma dico anche che è ora di darsi una ‘smossa’”. Pesa le parole, ma monsignor Sergio Goretti, vescovo di Assisi-Nocera Umbra- Gualdo Tadino, la diocesi più colpita dal terremoto, si schiera con fermezza a fianco della sua gente. L’occasione è il convegno promosso dalla Caritas a Nocera Umbra sabato 4 dicembre 1997: “È ora di ricostruire”. “La mia gente è stremata”, denuncia il vescovo. “Non si ribellano, ma stanno crollando psicologicamente: e questa è una grossa preoccupazione pastorale, perché sono stremati anche i pastori. Eppure è gente forte, legata a valori profondi. Sono stati illusi, e ormai se ne stanno rendendo conto”. Conclude la voce accorata del vescovo: “Un terzo della mia gente se n’è già andata. Tornerà? Nocera è ancora un cumulo di macerie: se anche la ricostruiranno, chi tornerà ad abitarci?”.
    Il vescovo Goretti fu protagonista anche di un’attenzione missionaria verso i lontani, in particolare verso la missione di Kasumo, in Tanzania, dove si recò personalmente in due occasioni: per inaugurare la scuola primaria e per quella secondaria. Sostenne la nascita della Casa regionale Caritas “Il Germoglio meraviglioso” in Foligno, la presenza delle Caritas diocesane dell’Umbria in Kosovo, visitandola personalmente. Fu il vescovo che nel 2004 celebrò ad Assisi le nozze di Massimo e Cristina, i due volontari presenti in Kosovo dal 1999. In diocesi affidò il Centro di Accoglienza Caritas alla gestione dei volontari che avevano vissuto l’esperienza del terremoto nello stile di gratuità accanto alla gente. Nel 2003 sostenne la nascita della Fondazione diocesana di Religione Santi Rufino e Rinaldo, per la gestione delle opere caritative diocesane. Per suo desiderio fu aperta anche la collaborazione con il Perù, dove era missionaria suor Paola Rotati, delle suore Oblate del Bambin Gesù e furono realizzati i nuovi locali destinati all’accoglienza dei bambini della Missione Betlemme.
    Mantenne sempre un rapporto diretto con i poveri, che accoglieva personalmente e ascoltava, prima di raccomandarli alla sua Caritas, non prima di essersi messo le mani nelle sue tasche».

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