Misericordia, pazienza, coraggio: tre parole che Francesco, vescovo di Roma, consegna ai fedeli nella celebrazione in San Giovanni il 7 aprile, in occasione della presa di possesso della cattedrale. È la domenica della Divina Misericordia, per volere del beato Giovanni Paolo II; e la domenica in cui viene proclamato il Vangelo di Giovanni della duplice manifestazione del Signore risorto nel Cenacolo: la prima volta nella sera della risurrezione, e l’apostolo Tommaso è assente; poi otto giorni dopo, e questa volta anche Tommaso è presente. Una prima lettura: il Signore si manifesta nell’ottavo giorno dalla domenica di Pasqua. Come dire, il Risorto si rende presente tra i suoi discepoli otto giorni dopo, così come ogni otto giorni – la domenica – i fedeli si ritrovano per celebrare e fare memoria della Pasqua. Francesco ricorda, nel Regina Caeli, che Tommaso ha creduto perché ha visto il Signore. Ma c’è una beatitudine della fede che riguarda tutti coloro che hanno creduto pur non avendo incontrato Gesù risorto: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto: questa è la beatitudine della fede. In ogni tempo e in ogni luogo sono beati coloro che, attraverso la Parola di Dio, proclamata nella Chiesa e testimoniata dai cristiani, credono che Gesù Cristo è l’amore di Dio incarnato, la misericordia incarnata. E questo vale per ciascuno di noi”. Così Papa Francesco chiede alle persone presenti in piazza San Pietro e lungo via della Conciliazione di avere più coraggio di testimoniare la fede: “Non dobbiamo avere paura di essere cristiani e di vivere da cristiani. Noi dobbiamo avere questo coraggio, di andare e annunciare Cristo risorto, perché lui è la nostra pace, lui ha fatto la pace, con il suo amore, con il suo perdono, con il suo sangue, con la sua misericordia”. Riflessione che continua, Papa Francesco, nel pomeriggio in San Giovanni, con quelle tre parole – misericordia, pazienza, coraggio – e con gesti che possiamo definire una sorta di Vangelo della tenerezza e della misericordia: gesti affettuosi con le persone ferite nel fisico; abbracci con ragazzi, donne, che la malattia blocca in sedie a rotelle, persone bisognose di assistenza, di aiuto. La misericordia di Dio – dice – è un “amore così grande, così profondo”, un amore ci tocca da vicino e che “non viene meno, sempre afferra la nostra mano e ci sorregge, ci rialza, ci guida”. Anche qui, mette in primo piano tre esempi, tre racconti, per aiutarci a leggere ciò che sta spiegando. La prima immagine che utilizza è quella di Tommaso – “fa esperienza proprio della misericordia di Dio, che ha un volto concreto, quello di Gesù, di Gesù risorto” – cui non basta la promessa di Gesù, che “aveva annunciato: il terzo giorno risorgerò. Vuole vedere, vuole mettere la sua mano nel segno dei chiodi e nel costato”. Ed ecco la seconda parola: pazienza. Gesù, ricorda Papa Francesco, “non abbandona il testardo Tommaso nella sua incredulità; gli dona una settimana di tempo, non chiude la porta, attende”. E poi la seconda immagine: Pietro, che lo rinnega tre volte, proprio quando doveva essergli più vicino. Pietro coglie lo sguardo di Gesù che “con pazienza, senza parole, gli dice: Pietro, non avere paura della tua debolezza, confida in me. E Pietro comprende, sente lo sguardo d’amore di Gesù e piange”. Infine i due discepoli di Emmaus, “un camminare vuoto, senza speranza”. Commenta il Papa: Gesù non abbandona, non perde la pazienza; anzi è accanto a ognuno lungo la strada. “Questo è lo stile di Dio: non è impaziente come noi, che spesso vogliamo tutto e subito, anche con le persone. Dio è paziente con noi perché ci ama, e chi ama comprende, spera, dà fiducia, non abbandona, non taglia i ponti, sa perdonare”. Dio ci aspetta sempre. È come il padre della parabola del figliol prodigo, che, vedendolo da lontano, gli corre incontro. Anche se si era allontanato, non lo aveva mai dimenticato: “Gli corre incontro e lo abbraccia con tenerezza, la tenerezza di Dio, senza una parola di rimprovero: è tornato! Dio sempre ci aspetta, non si stanca”. Dio risponde alla nostra debolezza con la sua pazienza, dice il Papa citando Romano Guardini: “Questo è il motivo della nostra fiducia, della nostra speranza”. La pazienza di Dio, afferma ancora Francesco, “deve trovare in noi il coraggio di tornare a Lui, qualunque errore, qualunque peccato ci sia nella nostra vita”. È come un dialogo, aggiunge, “tra la nostra debolezza e la pazienza di Dio”. Non c’è peccato grande che Dio non possa perdonare: “Non ho il coraggio di tornare, di pensare che Dio possa accogliermi e che stia aspettando proprio me – afferma Francesco. – Ma Dio aspetta proprio te, ti chiede solo il coraggio di andare a Lui” e questo perché “la sua è una carezza di amore. Per Dio, noi non siamo numeri, siamo importanti, anzi siamo quanto di più importante Egli abbia, anche se peccatori”. Anche in questa seconda domenica del tempo di Pasqua, continua il “cammino” di Francesco, il vescovo con il suo popolo. Un “cammino” fatto di gesti, di parole, per dire: lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio; confidiamo nella Sua pazienza; abbiamo il coraggio di tornare nella Sua casa. Nonostante le nostre mancanze, i nostri peccati, ho sempre visto – dice Francesco – che Dio, nella sua pazienza infinita, ha perdonato, “ha accolto, consolato, lavato, amato”.
Dio aspetta proprio te!
Le parole di Papa Francesco alla messa di insediamento a vescovo di Roma, il 7 aprile a San Giovanni in Laterano. L’accento è caduto sulla misericordia e pazienza di Dio, e sulla fiducia e il coraggio che devono suscitare in noi
AUTORE:
Fabio Zavattaro