Appresa la notizia della decisione di Benedetto XVI «di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice», sua ecc.za mons. Domenico Sorrentino, facendosi interprete dei sentimenti dell’intera comunità ecclesiale, in tutte le sue varie componenti, così si è espresso:
«Da Assisi giunga a Benedetto XVI affetto, vicinanza e comunione in occasione della sua inattesa scelta di rinunciare all’esercizio del Ministero petrino. Il suo Magistero ci rimane nel cuore. In particolare quello che ci ha lasciato nella Visita ad Assisi del 2007, in occasione dell’VIII centenario della conversione di S. Francesco, e nell’ evento del 27 ottobre 2011 in occasione del venticinquesimo dell’incontro dei leaders religiosi per la pace voluto dal Beato Giovanni Paolo II. Lo ringraziamo anche dell’impulso di comunione che ha dato a questa Città del Poverello con il Motu Proprio “Totius Orbis” che ha inserito le due Basiliche Papali di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli nella pastorale della Chiesa assisana per un miglior servizio di evangelizzazione. L’elevatezza del suo pensiero, della sua spiritualità e della sua azione pastorale resta ormai nella storia. La scelta da lui compiuta esprime un senso di responsabilità che costituisce un ulteriore motivo di ammirazione. La serenità del suo gesto infonde fiducia, ricordando che la Chiesa è nelle mani di Cristo, e le vicende umane che la contraddistinguono portano sempre il segno della Provvidenza. Eleviamo preghiere, perché lo Spirito di Dio voglia regalare alla Chiesa un nuovo Pastore ugualmente idoneo ad affrontare le sfide del nostro tempo, assicurando al Santo Padre Benedetto XVI la nostra obbedienza fino all’ultimo momento di esercizio della sua suprema autorità, con la fiducia che continuerà ad aiutarci anche dopo, con la preghiera e le maniere appropriate alla sua nuova condizione, a rendere ragione della nostra speranza».