La dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della Fede, sulla dignità della persona umana, è un documento denso e complesso, per il numero e per la varietà dei temi trattati; ma anche perché, a seconda dell’argomento, sono diversi (almeno in senso relativo) i destinatari. In linea di principio, tutto il discorso si rivolge alle coscienze individuali, come è naturale quando si toccano problemi morali.
Ma è chiaro che quando si denunciano, come altrettante violazioni della dignità della persona, fenomeni come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, le condizioni di lavoro ignominiose, e ancora la guerra, la pena di morte, il travaglio dei migranti, il discorso si rivolge a chi fa le scelte politiche, a chi governa, a chi scrive le leggi, in una parola a chi esercita il potere.
Altri temi, invece, come la violenza sulle donne e gli abusi sessuali, chiamano più direttamente in causa i comportamenti individuali e le coscienze dei singoli, anche se pure questi vanno affrontati a livello di legislazione e di governo, se non altro per proteggere i soggetti più deboli. In un caso e nell’altro il giudizio morale ispirato alla dottrina cristiana e quello dello Stato laico tendono a coincidere. Ma c’è un terzo gruppo di temi, rispetto ai quali – secondo me – la legge dello Stato non sempre può coincidere con il giudizio della morale cristiana.
Certi divieti, come quello di fare ricorso al suicidio assistito, possono essere inderogabili dal punto di vista cristiano, ma non possono essere imposti per legge, salvi i criteri severamente restrittivi dettati dalla Corte costituzionale; lo stesso si può dire a proposito del cambiamento di sesso e della maternità surrogata.
Anche perché in tutti questi casi, leggi permissive (spesso anche troppo) sono già in vigore in gran parte del mondo e quindi i divieti imposti in un singolo Paese possono essere facilmente aggirati creando alla fine ulteriori problemi. Su questa divaricazione (limitata, si capisce, a situazioni particolari) fra la morale della Chiesa e la logica dello Stato laico ho scritto più volte e tornerò a farlo, convinto tuttavia che fra le due visioni non vi sia contrasto, ma solo una necessaria complementarità.