La crisi ucraina produce molti effetti diretti e indiretti, e fra questi anche la consapevolezza che i Paesi dell’Unione europea, se vogliono contare qualcosa sul piano della politica internazionale, devono come si dice – fare squadra: avere una politica estera comune, una politica di difesa comune. Ci si è accorti, fra l’altro, che se le forze militari fossero meglio coordinate e dotate di strutture comuni, sarebbero più efficienti e costerebbero molto di meno; e per di più si sarebbe più autonomi rispetto agli alleati americani. Ma a questo punto ci si scontra con una difficoltà: ogni innovazione in questo senso, anche piccola, richiede l’unanimità dei ventisette Stati che oggi compongono l’Ue. Condizione difficile da raggiungere su temi così gelosi. Qualcuno dice: bene, aboliamo la regola dell’unanimità. L’idea sarebbe brillante, ma per cambiare la regola dell’unanimità ci vuole, appunto, l’unanimità.
Vi sembra una stravaganza, un’assurdità? È solo una logica conseguenza del principio di sovranità degli Stati, che regge tutto il diritto internazionale e assicura quel poco o quel tanto di convivenza pacifica che abbiamo. Ed è il punto di arrivo di millenni di storia, attraverso i quali si sono formati gli Stati esistenti (circa 200; difficile essere più precisi perché non tutti sono riconosciuti da tutti gli altri) combattendo lunghe guerre per liberarsi dal dominio altrui o, all’opposto, per sottometterne altri. Cosa che, per inciso, accade anche in questo momento.
La nostra Costituzione all’articolo 11 dice che l’Italia “consente, in condizione di parità con gli altri Stati, le limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni”; e perlopiù anche gli altri Paesi seguono lo stesso principio. Ma esso sottintende che la rinuncia a una parte della sovranità per cederla a un organismo sovranazionale – deve essere libera, spontanea, reciproca. Altrimenti, invece che progredire, si torna indietro, a un’epoca in cui esistevano nazioni dominanti e altre subordinate. Un’epoca che consideriamo passata, ma non è ancora finita. E proprio la crisi ucraina ce ne dà la terribile prova.