Si è svolta a Bruxelles nel pomeriggio del 24 marzo la prima conferenza europea per la “Protezione della domenica libera dal lavoro”. Settantadue le organizzazioni, tra Chiese, associazioni della società civile e sindacati da tutta Europa, che hanno collaborato nell’organizzare l’iniziativa di Thomas Mann, europarlamentare tedesco (Epp / Cdu), vice presidente della Commissione parlamentare per gli affari sociali. Hanno dato il loro appoggio all’iniziativa anche numerosi eurodeputati, appartenenti a tutti gli schieramenti e Paesi europei. “La protezione della domenica non lavorativa è di grande importanza per la salute dei lavoratori, per la conciliabilità tra lavoro e vita familiare e per la società civile nel suo insieme”: così ha aperto i lavori Thomas Mann di fronte a circa 350 persone, dopo aver dato lettura dell’appello indirizzato ai Capi di Stato e di Governo. “La conferenza di oggi e l’appello firmato da tutte le organizzazioni che hanno promosso l’iniziativa – ha affermato – sono la pietra d’angolo della creazione di un’Alleanza europea per la domenica libera”. In difesa di un dirittoNella mattinata la Commissione europea aveva riaperto il processo di consultazione, in cui i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro sono chiamati nelle prossime sei settimane ad esprimersi sulle opzioni per un riesame delle regole Ue in materia di orario di lavoro, in vista della revisione della direttiva del 2003, ormai scaduta. Intervenendo alla conferenza sulla protezione della domenica, Laszlo Andor, commissario Ue responsabile per l’occupazione, gli affari sociali e l’inclusione, ha rilevato che, “riguardo al tempo del riposo previsto nella normativa, oggi sono i Paesi a definire quale debba essere il giorno settimanale del riposo, secondo il principio della sussidiarietà: in 16 casi la domenica è tutelata”. Il commissario ha quindi esortato i partecipanti alla conferenza a far pervenire alla Commissione le proposte per la difesa della domenica.“È necessario che ci sia un giorno comune di riposo per permettere a un comportamento sociale di sincronizzarsi”, ha affermato il tedesco Friedhelm Nachreiner, docente di psicologia applicata. “Studi del 2000 e del 2005 hanno dimostrato che se la domenica è lavorativa, il rischio d’incidenti in orario di lavoro aumenta fino al 30%, come pure vi sono conseguenze sulla salute (insonnia, problemi cardiaci). Benché non siano chiarite le cause di questa correlazione, resta il dato di fatto”. L’appello del VescovoPer altro verso, ha precisato Ulrich Dalibor della Federazione europea dei sindacati, “l’aumento degli orari di lavoro nel settore del commercio non ha generato aumento di ricchezza per i lavoratori, mentre li ha deprivati del tempo libero”. Il vescovo austriaco Ludwig Schwarz, di Linz, ha fatto un accorato appello: “Non dedichiamo tutto il tempo al consumo e al commercio. Tutelare la domenica significa anche garantire il rispetto dei diritti umani e il rispetto della dimensione spirituale e religiosa della persona”. Ed ha richiamato il terzo Comandamento: “regola sociale, oltre che religiosa”. In diversi Paesi – Austria, Germania, Gran Bretagna, Slovacchia – sono nate le “Alleanze per la domenica libera”, iniziative popolari volte a contrastare leggi e lobby economiche che minacciano la domenica. Michael Trend, del Regno Unito, ha raccontato l’esperienza della campagna Keep Sunday Special, nata nel 1986. Nel 1994 una legge è riuscita a far passare l’apertura domenicale di 6 ore dei negozi; ora è in corso una raccolta di firme per impedire che venga ulteriormente estesa. “La nostra campagna si fonda su 5 principi – ha spiegato Trend -: proteggere le relazioni (la mia libertà di comperare non può violare la tua libertà); difendere il piccolo commercio locale; rispettare i credenti; difendere le comunità dalla frammentazione; riposare”. “Dobbiamo invertire il processo di ‘materializzazione’ della persona e cambiare i fondamenti della nostra civiltà che crede nella crescita materiale indefinita”, ha sintetizzato l’eurodeputato Vittorio Prodi, concludendo i lavori dopo un ampio dibattito tra i partecipanti. “Occorre iniziare – ha aggiunto – ad apprezzare i beni immateriali: le relazioni, la conoscenza… recuperando una visione di qualità e di sostenibilità della vita”.