Il nostro mondo moderno sulla frontiera dei cosiddetti “normali” è nato all’insegna dell’égalité-fraternité-liberté; ma sulla frontiera dei senza terra la nostra “civiltà” ha preso le mosse dal bisogno di difenderci dai poveri.Bugiardi come siamo, non ce lo siamo mai detto a chiare note; abbiamo sempre mascherato la necessità di emarginarli con le reiterate dichiarazioni della più viscerale volontà di dedicarci a loro. Bastava vivere con loro. L’autoinganno del quale non possiamo fare a meno ci ha impegnato a vivere per loro. Come il Marchese senza nome che prese il posto di don Rodrigo; per compensare Renzo e Lucia delle sofferenze al quale il suo pessimo congiunto li aveva sottoposti, il nobiluomo volle assolutamente che il loro pranzo di nozze si tenesse nel palazzotto ch’era stato l’emblema del loro terrore, e volle assolutamente pagare tutto lui, e volle assolutamente servirli a tavola; ma al momento di pranzare si ritirò con don Abbondio e altri notabili in una stanzetta contigua: perché – sorride don Lisander- “aveva abbastanza umiltà per mettersi al di sotto di loro, non abbastanza per mettersi alla pari”. Emblematico il caso dei disabili. I grandi e tetri istituti destinati a loro sono nati proprio nel 1700. Ufficialmente sono nati per loro, in realtà li abbiamo pensati e realizzati per togliere i disabili, insieme a tutta una lunga serie di rompiscatole, dalla circolazione. Ci chiedevano di vivere con noi, noi invece “ci dedicammo a loro” inventandoci tutta per loro una “casa” paurosamente diversa da tutte le altre case. Condividemmo il cuore con chi ci chiedeva di condividere il cesso. Il fenomeno dell’emarginazione è vasto perché nella nostra società le “situazioni esistenziali difficili” dopo un po’ diventano “situazioni esistenziali estreme”, le “situazioni esistenziali estreme” dopo un po’ diventano “situazioni esistenziali socialmente non gestibili”. E’ il momento di rinchiuderlo. In un ghetto possibilmente dorato, così dormiamo tutti tranquilli.