L’ho messo tra virgolette, questo mio titolo, perché ha uno sgradevole sapore amarognolo. È il titolo della lunga intervista che Aldo Maria Valli ha fatto a mons. Bettazzi, l’unico ancora in vita tra i vescovi del Concilio: ne ha “saltato” la prima sessione, perché è nato nel 1923 e solo nel 1963 (“solo”: aveva quarant’anni!) fu consacrato vescovo e assegnato al card. Lercaro come ausiliare.
“Difendere il Concilio”? Ha detto il card. Martini, in un’intervista del giugno di quest’anno: “Del Concilio conservo soprattutto il ricordo di una sensazione di entusiasmo, di gioia, di apertura. Si usciva finalmente da un’atmosfera che sapeva di muffa, di stantio, e si aprivano porte e finestre, circolava aria pura. La Chiesa appariva veramente capace di affrontare il mondo moderno” .
Grazie alla Gaudium et spes, la quarta delle Costituzioni conciliari che ne costituiscono l’ossatura, nel linguaggio ecclesiale entrò una parola inaudita, CREATIVITÉ; e oggi il documento più autentico delle fede che vivono le Chiese sante di Dio che sono in Italia; il Catechismo della Cei, al cap. 11, ci impegna ad impostare il nostro rapporto con il mondo sulla FEDELTÉ CREATIVA al Vangelo; chi alla parola “fedeltà” ha agganciato l’aggettivo “creativa” era convinto che in passato è esistita una fedeltà “non creativa”, migragnosa, ottusa.
È la fedeltà alla quale si sentono obbligati i laudatores temporis acti inopinatamente rifioriti oggi accanto a noi. Il Papa ci ha raccomandato di non fare del Concilio l’assemblea costituente incaricata di dare una nuova legge fondante della Chiesa, che la sua Costituzione l’ha avuta da Cristo. Bene. Ma il problema è un altro, la domanda è un’altra: il Concilio per la Chiesa è stato sì o no una “rivoluzione copernicana”?
Mons. Marchetto (Il Concilio Vaticano II. Contrappunto per la sua storia, 2005) ha detto di no. Oggi mons. Bettazzi ribadisce il suo sì, perlomeno su due punti: il rapporto chiesa/mondo e il ruolo dei laici nella Chiesa. Un sì che anche noi, da questa landa periferica del mondo, incuneata tra le province marchigiane di Pesaro e di Ancona, condividiamo. Anzi, lo riteniamo limitativo, perché la creatività, ben prima che farne il taglio di questa o quella’ua decisione, lo Spirito l’ha inoculata nel Dna del Concilio.