L’orologio sembra fermo a più di dieci anni fa. Politica e giustizia, processi e sentenze sono sempre al centro di un dibattito nervoso e fino ad ora poco concludente, che sembra soprattutto rendere ancora lontana la fine della “transizione”. Con quali prospettive? Quella di una “soluzione finale”, di uno scontro risolutivo, come a tratti sembra balenare? Oppure quella di un equilibrio costituzionale da riaffermare e rilanciare come necessaria base di comune legittimazione tra gli schieramenti politici e di una competizione tra gli stessi funzionale al bene del Paese? Un decennio che ha dimostrato che “una società ben ordinata non può mettere le decisioni sulla sua sorte futura nelle mani della sola autorità giudiziaria”, ovviamente senza negare che “i presunti colpevoli siano giudicati e, se realmente colpevoli, ne subiscano le conseguenze legali”. Questo decennio ha insomma insegnato che un approdo stabile al riassetto del sistema politico richiede solide basi ed un impegno comune. Ritorna alla mente l’appena citata, solenne lettera di Giovanni Paolo II ai Vescovi italiani nell’Epifania del 1994, quando, ricordando come “certamente oggi è necessario un profondo rinnovamento sociale e politico”, si chiedeva “fin dove giungono gli abusi e dove comincia un normale e sano funzionamento delle istituzioni al servizio del bene comune”. Che questo sia un obiettivo essenziale e che questo debba essere costantemente ricordato ai responsabili politici era vero allora come oggi: “il compito della Chiesa a questo proposito sembra essere dunque l’esortazione al rinnovamento morale e ad una profonda solidarietà degli italiani, così da assicurare le condizioni della riconciliazione e del superamento delle divisioni e delle contrapposizioni”. Non sono solo belle parole o un catalogo di buone intenzioni. E’ l’indicazione di una rotta sulla quale peraltro molti si sono mossi in questi anni, assicurando all’Italia il raggiungimento di importanti obiettivi. D’altro canto la transizione non riesce alzando i toni (come purtroppo il dibattito politico sta continuando a fare) o cercando lo scontro. Così semmai si cattura l’attenzione del momento da parte di cittadini sempre meno sollecitati e interessati alla partecipazione vera. Riesce soltanto se ognuno fa la propria parte, senza prefigurarsi scorciatoie. Scriveva il Papa dieci anni fa: “dobbiamo chiamare tutti ad uno specifico esame di coscienza” ed avvertiva dei “rischi di una manipolazione dell’opinione pubblica”. Parole chiare, un programma sempre attuale, anche in questo nuovo arroventato passaggio politico, di fronte dalle nuove responsabilità dell’Italia sulla scena europea e nella ridefinizione degli equilibri mondiali.
Dibattito politico nervoso e inconcludente
AUTORE:
Francesco Bonini