D’autunno fioriscono le spine

Un classico della fine vacanze, nel giornalismo, è il seguente articolo: l’autunno “caldo” e le disgrazie che ci porterà. Un classico ridimensionato dall’autunno 2020, quando veramente non sapevamo se il Covid ci avrebbe lasciati in vita o no. Ma rimane che la sospensione estiva – laddove si preferiscono bibite fredde e notizie frivole – determina giocoforza la necessità di affrontare ora le spine nascoste sotto l’ombrellone.

Non mancheranno le spine pure con l’arrivo della prossima stagione: già un esponente del Governo ha messo le mani avanti, dichiarando che la manovra autunnale sarà di “almeno” 25 miliardi di euro. Laddove per manovra s’intende l’aggiustamento dei conti, nel senso di taglio delle spese e/o aumento delle entrate.

Insomma i classici “sacrifici”: vedremo chi li dovrà fare. Nel frattempo si guarda con crescente apprensione al di là delle Alpi in direzione Germania: la locomotiva europea arranca da tempo, le difficoltà sembrano strutturali (calo delle esportazioni, scarsità di personale, stallo della fondamentale industria automobilistica). E se la Germania piange, l’Italia ha poco da sorridere: è il nostro mercato principale, siamo importanti fornitori delle industrie teutoniche.

Ci sarebbero poi le varie guerre che infestano anche zone del pianeta a noi vicine; ma ormai abbiamo fatto il callo e battezzato per verità acclarata quella “Terza guerra mondiale a pezzi” che anni fa denunciò Papa Francesco. Grande è la confusione sotto questo cielo, si fa veramente fatica a capire dove vadano le stelle.

Ma una delle incognite che peserà di più nel prossimo futuro è legata a un passaggio fondamentale di una democrazia che sovrintende la più poderosa economia del mondo: le elezioni americane di novembre, dove si confronteranno una candidata che in realtà conosciamo molto poco, e un candidato che in realtà conosciamo molto bene. Questo o quella, per noi, pari non sono.

Infine una considerazione puramente oggettiva, scevra da ogni altra considerazione che spetta alla politica e alla società: l’Occidente invecchiato (l’Italia in primis ) ha bisogno di ulteriore forza lavoro per sostenersi e per sostenere quella crescita economica che possa conservare l’attuale benessere.

Insomma, servono lavoratori stranieri. L’ha detto papale papale il governatore della Banca d’Italia, che ha raccolto i lamenti di praticamente tutte le categorie economiche.  E quindi non si tratta più di discutere del se, ma del come.

Nicola Salvagnin

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