Dargli una mano

E’ stato un giorno tristissimo per la mia comunità. Giovanni era venuto con mille buone intenzioni. Giovanni se ne è andato triste, con sua madre e sua nonna tristi come lui. Giovanni è un ventenne disabile che voleva frequentare il Corso di Laurea in Educatore Professionale (Operatore di Condivisione) che, grazie ad una sinergia tra la mia comunità e la Lumsa di Roma, tre anni fa è stato attivato qui a Gubbio e nella sessione in corso conferisce le prime lauree. Non siamo stati in grado di accoglierlo. Nervosismo, piccinerie, non siamo stati in grado. E’ stato molto triste. Ci stavamo riflettendo sopra, in una piccola assemblea, prima di celebrare la messa, quando Fernanda è esplosa e ha gridato: “Ma bisognava dargliela, una mano!!” . Fernanda è una persona molto semplice, sa leggere e scrivere, vede molta Tv, ama Julio Iglesias come se fosse un cantante e Mike Bongiorno come se fosse un presentatore. E’ socievole e generosa. Ha in sé innato il senso del bene. “Bisognava dargliela, una mano!!”. Già. Ma Fernanda non ha mani, né gambe, ma solo dei moncherini, che peraltro adopera in maniera fantastica. Fernanda ha quarant’anni. E’ nata a Torino, dove i suoi erano emigrati per lavoro. E’ nata in quei primi anni 60 in cui il talidomìde fece le sue vittime. Era un analgesico, prodotto da una multinazionale del farmaco che tardò molto a ritirarlo dal commercio, anche dopo che era stato appurato che, somministrato alle gestanti, il talidomìde avrebbe causato la nascita di bambini focomelici, cioè senza arti… Allora nessuno dette una mano a Fernanda, e prima ancora a sua madre, che con quel magone enorme sarebbe vissuta e morta, perché le pareva impossibile che quella sua figlia potesse mai trovare una famiglia quando lei non ci sarebbe stata più. Dare una mano agli altri. Quando Fernanda ha attraversato la soglia della sala, staccandosi dal collo di sua madre gli è andato incontro Igor, che viene dall’Ucraina e ha quattro anni, ed è alto quanto lei.L’ha abbracciata e le ha detto: “Sei una bambolina”.