Dare la morte senza ‘sapere’

Due fatti (orribili) di cronaca sono stati sulle prime pagine per giorni e giorni. In un cantuccio della Lombardia, un diciassettenne ha ucciso, a pugnalate, il padre, la madre e il fratello più piccolo. In un altro cantuccio della Lombardia, un giovanotto un po’ più adulto, ma ancor meno maturo, aveva ucciso pochi giorni prima, nello stesso modo, una malcapitata passante, scelta a caso. Fra i due episodi ci sono somiglianze inquietanti: la mancanza di un qualunque motivo o pretesto, che desse una spiegazione – pur aberrante – al delitto; e di più il fatto che ciascuno dei due autori si è mostrato incapace di spiegare persino a se stesso le ragioni del gesto.

Il ragazzo che ha ucciso i genitori e il fratellino viveva in una famiglia serena, dove tutti si volevano bene e se ne davano ogni giorno la prova. Quello che ha ucciso la povera donna a lui sconosciuta, mentre la pugnalava a morte le chiedeva educatamente scusa. Viene il sospetto che in realtà non si rendessero ben conto di quello che facevano. Certo, volevano uccidere, lo hanno confermato; e hanno detto anche che hanno reiterato i colpi per affrettare il decesso delle loro vittime.

Ma forse non capivano bene che cosa voglia dire dare la morte a un essere vivente; lo sentivano come una specie di gioco, uno di quei videogame dove si fanno bruciare vivi gli avversari ma poi si fa clic, tutto si azzera e si può ricominciare da capo, all’infinito. O come una partita di pallone, dove si dice: io ti distruggo; ma poi si va al bar insieme. Ne abbiamo parlato fra vecchi che hanno vissuto la vita delle campagne quando era normale assistere all’uccisione di un pollo o di un coniglio, di una pecora, di un maiale; e questi spettacoli, certo non piacevoli, ci insegnavano che la morte di un essere vivente non è un gioco ma qualche cosa di terribilmente serio. Poi qualcuno riusciva lo stesso un delinquente, ma almeno sapeva quello che faceva.

Richiesto di dire la sua su questo, il noto opinionista Michele Serra ha risposto: “Sì, la vita materiale (e la morte materiale) non sono molto frequentate dai ragazzi di oggi. Un’esistenza soprattutto virtuale li espone a un rapporto molto incompleto, e spesso patologico, con la vita reale”. Non si deve cercare una spiegazione sociologica a tutti gli errori e gli orrori che si fanno, ma questa volta ci può stare – senza con questo sminuire la gravità dei delitti.

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