Era mezzogiorno e il sole cadeva a picco. Gesù oltre ad essere stanco, aveva anche fame e sete. Era stanco, non per il cammino fatto, ma per il continuo correrci dietro per trarci fuori dai guai, per difenderci dai pericoli, per liberarci dai peccati nei quali cadiamo. È la stanchezza del buon pastore che va in cerca della pecora che si è perduta. Aveva fame, ma non tanto di pane. I discepoli, dopo aver portato il cibo, dissero a Gesù: “Rabbì, mangia”. Ma egli rispose: “Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete…Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato”.
I discepoli non capivano che la fame di Gesù era portare a compimento l’opera del Padre. Aveva sete; non di acqua, ma della salvezza degli uomini. E’ la stessa sete di Gesù sulla croce: “Ho sete”. Mostrava così la verità di quella crocifissione: aveva a tal punto sete da salvarci dal lasciarsi crocifiggere.Questo Dio, seduto al bordo del pozzo, chiede alla donna samaritana che si accosta per prendere l’acqua: “Dammi da bere”. Gesù ha sete di affetto, ha sete d i raccogliere accanto a sé uomini e donne per salvarli. In genere fuggiamo da questa richiesta di amore e di compagnia così forte e radicale, perché senza dubbio l’amore del Signore è un amore esigente.
Noi preferiamo i nostri piccoli amori, le nostre piccole rivincite, ad un amore robusto come quello di Gesù. E opponiamo a lui la stessa resistenza che gli oppose quella samaritana : “Come mai tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono una donna samaritana ?” In realtà, la richiesta di Gesù superava già un muro: parlava con una donna, per di più samaritana. La donna è scossa da quella richiesta, ma non comprende l’energia di amore che c’è dietro le parole di Gesù: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: dammi da bere, tu stessa ne avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. Dio amava quella donna quando era ancora lontana; anche se lei non se n’era accorta. La sua vita, segnata dalle delusioni e dai tradimenti, forse non le dava più speranza alcuna.
È la storia dei cinque mariti. Ormai non credeva molto negli altri e non aveva neppure tanta fiducia in sé. Come poteva aver fiducia di uno straniero? Come poteva capire che era Dio a parlarle in quel giudeo stanco e assetato e senza neppure uno strumento per prendere l’acqua? “Da dove hai dunque quest’acqua viva?” chiede rassegnata e scettica. Per lei abituata alla durezza della vita, la parola non contava più, non cambiava, non dava vita. Ma Gesù insiste: “chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete”. L’insistenza inizia a far breccia nel cuore di quella donna. Appunto come l’insistenza della Parola di Dio che ogni domenica ci viene incontro. E sgorga dal cuore di quella donna la prima preghiera: “Signore dammi di quest’acqua perché io non abbia più sete”.
È una preghiera un po’ impacciata, ma vera, perché le sale dal cuore. Ed è proprio il cuore che vuole Gesù; è lì che egli cerca i veri adoratori. Non contano le cose o gli atteggiamenti esterni, conta il cuore, il cuore pentito e rivolto al Signore. E alla domanda della donna su chi sia il Messia, Gesù le risponde: “Sono io che ti parlo”. In quel caldo mezzogiorno, quell’uomo stanco aveva risposto con le parole solenni che Dio disse a Mosé dal roveto ardente: “Sono io”. Non ci vuole grande solennità per vivere la teofania, l’incontro con il Signore. Egli ci viene incontro e vuole entrare nel cuore di ognuno di noi per dirci il suo amore e assieme il bisogno che ha di noi.
Nella santa Liturgia della domenica noi troviamo seduto, forse stanco per averci rincorso durante la settimana, il Signore Gesù che ci aspetta. Inizia anche con noi quel dialogo che intraprese con la samaritana, sino a farci comprendere quanto ci vuol bene. Egli ci viene accanto ben più amico dei cinque uomini che ebbe quella donna; viene come un fratello ben più vicino dei compatrioti che aveva. Il Signore ci è fedele malgrado le infedeltà di ognuno. Da quell’incontro un’energia nuova entrò nel cuore di quella donna: “Lasciò la brocca e andò in città e disse: Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto…Uscirono allora dalla città e andarono da lui”. Un’energia di amore era entrata nella sua vita. Oggi anche noi con umiltà e con fede, gli diciamo come quella Samaritana: “Dacci o Signore l’acqua viva che ci disseta”.