Di ritorno da una serie di esperienze estive che hanno toccato l’America latina con la visita alla diocesi di Armenia in Colombia con cui Orvieto-Todi ha stabilito forti legami di collaborazione; e due viaggi in Europa, uno tra i giovani umbri a Colonia per la Gmg e la visita alla missione diocesana di Fusche-Arrez in Albania, abbiamo pensato di rivolgere a mons. Giovanni Scanavino alcune domande per sapere quali sono state le sue impressioni ed anche per conoscere, alla ripresa dell’anno pastorale che ci apprestiamo a vivere, quali saranno le linee guida per la diocesi.
Eccellenza, la sua è stata un’estate molto movimentata: la Colombia, la Gmg di Colonia, la missione in Albania. Tre esperienze diverse ma tutte unite da un medesimo filo conduttore.
‘Tre esperienze ecclesiali, una più forte dell’altra, che mi hanno permesso di conoscere meglio l’universalità della Chiesa pur nella sua profonda unità. In Colombia e in Albania ho toccato con mano la povertà e la necessità di due Chiese sorelle che pure sono ricche di umanità e con le quali è doverosa una condivisione di carità. A Colonia ho avuto la fortuna di partecipare al raduno della Chiesa più giovane del mondo intorno al suo centro di unità e di magistero che è il Papa. È stata un’esperienza entusiasmante e ricca di speranza, perché i giovani hanno dimostrato un forte senso di responsabilità e fedeltà cristiana, e ci hanno anche espresso un chiaro messaggio che fa ben sperare: possiamo contare su di loro per un serio e gioioso cammino di santità’.Ha detto Paolo VI: ‘Dio non è morto! È più sfolgorante che mai, sul cielo nuvoloso del nostro tempo’.
Questa affermazione corrisponde ai desideri della gente di questo nostro tempo?
‘Questa verità che la Chiesa continua a proclamare con decisione è stata fatta propria da quel fiume di giovani a Colonia. Hanno voluto gridare al Papa e al mondo intero che Cristo rimane la vera certezza e speranza dell’umanità, e che sotto la guida materna della Chiesa essi sono pronti a proclamarlo ovunque, scegliendo strade ben diverse da quelle di Erode. C’è una politica di pace e di giustizia simboleggiata in quel Bambino indicato dalla stella, che i giovani sono venuti ad adorare, che i giovani stessi hanno riconosciuto nelle catechesi del papa Benedetto e che sono ben intenzionati a portare avanti in comunione con lo stesso Papa’.
Ora si riprende la via ‘ordinaria’: come far passare nelle nostre comunità la ricchezza di quello che si è vissuto?
‘Per nostra grande fortuna la fiducia dei giovani nel nuovo Papa è anche la loro fiducia nella stessa Chiesa, nel magistero più ordinario degli stessi vescovi. Ma non possiamo sederci. Dobbiamo continuare a rimanere al loro fianco per aiutarli a capire sempre meglio la bellezza e l’utilità di un certo magistero. Ora tocca a noi, a livello di Chiesa locale, continuare una forte mediazione sullo stile intrapreso, cioè nel presentare l’esperienza cristiana in tutta la sua bellezza e originalità, per aiutare gli stessi giovani ad assumerla per diventare protagonisti convinti e anche costruttori di una nuova umanità’.
Quale impegno deve caratterizzare la nostra vita in questo anno pastorale?
‘Dobbiamo procedere con continuità e perseveranza. Siamo partiti da una chiara indicazione per questo anno eucaristico: Dalla Parola all’eucaristia. Ora si tratta di continuare: Dall’eucaristia alla carità. Sarà anche il tema del prossimo convegno ecclesiale di fine settembre. Certamente non possiamo illuderci di avere già portato a termine il primo programma. Sappiamo quanto ancora resta da fare intorno alla prima mensa eucaristica, quella della Parola. Come sappiamo di non essere ancora arrivati alla seconda mensa, quella del Pane di vita, ogni domenica, per riconoscerlo allo spezzare del pane e diventare sempre più testimoni della risurrezione. Ma è utile fissare il circolo vitale dell’eucaristia intorno a cui far ruotare tutta la nostra vita, perché se l’eucaristia non porta alla carità, non porta alla vita e non diventa la vera speranza del mondo.