Dagnine giò

Uno ‘sgradevole episodio’, così ‘Avvenire’ del 28 settembre. Pacata la reazione del nostro quotidiano, troppo pacata. A me lo ‘sgradevole episodio’ ha fatto salire dal cuore alle labbra, prepotente, un sonoro ‘Ma che razza di imbecille!’ Un rigurgito di acido, come quello che sale dallo stomaco di notte, quando la sera prima hai mangiato una cofena di gnocchi e stai cercando invano una pasticca di Maalox. ‘Che razza di imbecille!’ Ho esagerato? Giudichino i lettori. Se non ho esagerato, a Città di Castello mi direbbero: ‘Dàgnine giò!’ E ci ha dato giù per primo Mario Tozzi, il bravissimo geologo che conduce ‘Gaia’ su Rai Tre, quando, in una trasmissione radiofonica che la quasi totalità degli italiani provvidenzialmente s’è persa, prima ha definito il cardinale Ruini ‘il più pericoloso dei rifiuti tossici, da eliminare con qualsiasi mezzo’, un ‘fico secco’ da infornare ‘con un limone in bocca come la porchetta’; poi ha rimpianto la Spagna di metà degli anni ’30, quando ‘i bacarozzi neri (i sacerdoti) venivano inseguiti nelle chiese e crocifissi’, cosa che secondo lui valse alla Spagna ‘un periodo di benessere sociale’; poi s’è candidato a mediare con la camorra l’ingaggio del killer ‘che per 500 euro potrebbe far sparire il cardinale Ruini e anche il tabernacolo’; infine ha deprecato che ‘In Italia si continuano a costruire le chiese, mentre bisognerebbe radere al suolo quelle esistenti’. Che razza di imbecille!! Sì, Mario Tozzi, lui, quello con la testa quadra da primo della classe e la faccia da santo innocentino incautamente risparmiato da Erode. Il cuore m’ha detto: Dàgnine giò! ‘Che razza di imbecille!’: ho esagerato? Càpite nos. Vivendo tutti l’ansia del terrorismo, ci si allarga il cuore quando intravediamo il crescere di quella tolleranza che sola, favorita dalla sincera ricerca della giustizia, può liberarcene. E dunque ti mozza il fiato vedere uno scienziato di chiara fama allinearsi con Bin Laden. Molto meno pericoloso? Certo, ma molto più rozzo e ridicolo. Com’è possibile che dalle nostre università possano uscire soggetti tanto competenti nella loro materia quanto analfabeti in tema di umanità? Spalle larghe come un armadio a tre ante e poi, al posto della testa, una noce moscata scaduta. Bisogna riattivare, soprattutto nelle università scientifiche, la foscoliana Cattedra di Eloquenza, ovverossia di Cultura generale, e bocciare in infinitum (dàgnine giò!!) gli studenti che tentassero di snobbarla, e impegnarli ad approfondire lo spessore di umanità di tutti e di ciascuno, e verificare le possibili aperture all’Altro con la maiuscola, con docenti delle più diverse intonazioni ideali ma tutti innamorati dell’uomo e rispettosi dei suoi tratti fisionomici credibili.

AUTORE: Angelo M. Fanucci