“Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”: da questa frase ha preso l’avvio il Natale. Così si spalancò la porta per l’incarnazione del Figlio di Dio. La Scrittura ci fa capire che per aprire quella porta servivano due chiavi: una era in mano al Figlio che viveva nel grembo del Padre, l’altra era in mano a Maria, scelta da Dio per portare in grembo il Figlio fatto uomo. Quando nell’eternità e nel tempo risuonò la parola della disponibilità, ebbe inizio la nostra redenzione. Basta confrontare questo duplice “ecco”, un piccolo avverbio, chiave della salvezza: “Entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Allora ho detto: ‘Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà’ . Per quella volontà noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Cristo, fatta una volta per sempre” (Eb 10,5-10).
Dobbiamo essere immensamente riconoscenti a Maria, nostra sorella e madre nella fede, per il grande servizio che ci ha offerto accettando di diventare madre del Salvatore. Fu una donna povera che ricevette tutto da Dio e lo seppe accettare umilmente, fu il vuoto che Dio ha colmato con la grazia della maternità divina. Quando Elisabetta ricevette il regalo della maternità, si andò a nascondere; quando Maria seppe di essere madre di Dio, si mise in cammino per portarci il frutto del suo grembo. Così poté colmare di gioia Elisabetta, i pastori di Betlemme, i Magi venuti da lontano. Il Natale che stiamo per celebrare è il regalo di Maria. Il Vangelo di Luca ci racconta come cominciò questa avventura. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una piccola borgata della semi-pagana Galilea, ad una ragazza promessa sposa di Giuseppe, un artigiano che si guadagnava da vivere col suo mestiere, creativo come quello di Dio. Era una donna vergine, di nome Maria; non aveva conosciuto uomo, anche se aveva deciso di sposare Giuseppe.
Il messaggero divino le rivelò un segreto che solo lui, conosceva e, a quanto pare, aveva fretta di scaricare su di lei: Era giunto il tempo della salvezza e Dio aveva scelto quella donna di 12-13 anni per farne la sua madre. Il cielo traboccava di gioia incontenibile e l’angelo invitò Maria a partecipare a quella festa di cielo: “Rallegrati, donna colmata e trasfigurata dall’amore di Dio!”. Maria è il nome che i genitori le hanno dato sul nascere, “piena di grazia” (kecharitomène) è il nome di missione che Dio le ha assegnato dall’eternità. C’era di che turbarsi. L’evangelista ci fa sapere che Maria non si turbò per l’apparizione dell’angelo, ma per le parole fuori misura per lei. Non era abituata a sentirsi grande e le parole dell’angelo la mettevano in forte imbarazzo. Quel saluto così esagerato la faceva sentire ancora più piccola.
La sua inquietudine permise all’angelo di chiarire le sue parole e non esitò a farlo: Dio amava immensamente quella donna, perciò l’aveva trasformata con la sua grazia, preparandola a diventare la madre del suo Figlio. Come la madre-vergine predetta dal profeta Isaia (Is 7,14), “concepirà e darà alla luce un figlio”. Le darà il nome di Gesù; sarà “grande”, in senso assoluto, della grandezza propria di Dio (Sl 86,10; 95,3), perché sarà Figlio dell’Altissimo e Messia-re della famiglia di Davide, come promesso dal profeta Natan (2 Sam 7,8-16). Maria ha ben capito di che si tratta, una cosa immensa da capogiro. Ma non perde il senso della realtà concreta, perciò domanda come avverrà tutto questo dal momento che ha deciso di rimanere vergine per ispirazione divina. Le parole di spiegazione usate dall’evangelista ci portano al centro del mistero: Maria diventerà madre senza intervento umano che violi la sua verginità.
I verbi usati possiedono una forte densità teologica. Prima di tutto escludono ogni riferimento che possa far pensare a un rapporto di carattere sessuale. Lo Spirito santo che agirà in lei non è una potenza divina generatrice, ma una potenza creatrice. Egli “la coprirà con la sua ombra”, come avverrà per gli apostoli sul Tabor (9,34) e come era avvenuto per la Tenda e per il Tempio, dove Dio stesso era venuto ad abitare tra gli uomini (Es 40,35; 1 Re 8,10s). Maria sarà dunque la nuova residenza di Dio fra noi. Egli sarà il tre volte Santo, il Figlio di Dio fin dal suo concepimento. Nel grembo della vergine di Nazareth avverrà l’incoronazione dell’umanità di Cristo alla dignità insondabile di Figlio di Dio. La divinità fu congiunta all’umanità in un mirabile scambio.
Il racconto di Luca ha lo scopo di spiegare la confessione di fede della Chiesa apostolica, che affermava di credere in Gesù Cristo Figlio di Dio nato da Maria vergine. Ma ha anche lo scopo di presentarci colei che ha meritato con l’obbedienza della fede di portarci la salvezza di Dio (Gesù). Una donna umile e grande, che ha ricevuto di colpo un compito che l’ha sconvolta; che ha voluto però vederci chiaro e ha accettato senza false proteste di indegnità e senza isterica esaltazione il compito di madre di Dio. Questo ha fatto di lei “la serva del Signore”, un titolo umile e onorifico insieme, che fino a quel momento era riservato agli uomini di fede che avevano collaborato con Dio, come Abramo, Mosè, Davide, i profeti, il Servo sofferente.
Con lei quel titolo è declinato anche al femminile, ad indicare che Dio ormai chiama tutti, uomini e donne, al suo servizio in favore del Suo popolo. Chiede solo la sottomissione gioiosa alla sua parola, a somiglianza di sua madre, discepola ideale. Perciò, quando Gesù parla di sua madre la inserisce sempre tra coloro che ascoltano la parola di Dio e vi collaborano: “Mia madre i i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21). Rispondendo alla donna entusiasta che chiamava beata sua madre, Gesù rispose: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11,28). Tutti siamo chiamati a rassomigliargli: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,50).