L’accensione dell’Albero di Natale più grande del mondo da parte di Papa Benedetto XVI, dalla sala dei Foconi del Palazzo apostolico con un tablet-S, trasmessa in diretta da Rai Uno, ha dato alla 30a edizione della manifestazione un rilievo ed una valenza del tutto particolare. Evento straordinario che merita di essere consegnato alla storia.
L’augurio di Benedetto XVI
“Cari abitanti di Gubbio! Cari amici! Prima di accendere le luci dell’Albero, vorrei fare un triplice, semplice augurio. Questo grande albero di Natale è collocato sulle pendici del monte Ingino sulla cui sommità, come ricordava il Vescovo, è situata anche la basilica del patrono di Gubbio, sant’Ubaldo. Guardandolo, il nostro sguardo è spinto in modo naturale verso l’alto, verso il cielo, verso il mondo di Dio. Il primo augurio, allora, è che il nostro sguardo, quello della mente e del cuore, non si fermi solamente all’orizzonte di questo nostro mondo, alle cose materiali, ma sia un po’ come questo albero, sappia tendere verso l’alto, sappia rivolgersi a Dio. Lui mai ci dimentica, ma chiede che anche noi non ci dimentichiamo di Lui!”.
Dopo un richiamo ad alcuni brani di sacre letture relative alla “notte del santo Natale”, ha così proseguito: “Il secondo augurio è che esso ricordi come anche noi abbiamo bisogno di una luce che illumini il cammino della nostra vita e ci dia speranza, specialmente in questo nostro tempo in cui sentiamo in modo particolare il peso delle difficoltà, dei problemi, delle sofferenze, e un velo di tenebra sembra avvolgerci. Ma quale luce è capace di illuminare veramente il nostro cuore e donarci una speranza ferma, sicura? È proprio il Bambino che contempliamo nel santo Natale, in una semplice e povera grotta, perché è il Signore che si fa vicino a ciascuno di noi e chiede che lo accogliamo nuovamente nella nostra vita, chiede di volergli bene, di avere fiducia in Lui, di sentire che è presente, ci accompagna, ci sostiene, ci aiuta”.
Alle tanti luci dell’Albero aggancia “l’ultimo augurio che vorrei rivolgere” ossia “che ciascuno di noi sappia portare un po’ di luce negli ambienti in cui vive: in famiglia, al lavoro, nel quartiere, nei Paesi, nelle città. Ciascuno sia una luce per chi gli sta accanto; esca dall’egoismo che spesso chiude il cuore e spinge a pensare solo a se stessi; doni un po’ di attenzione all’altro, un po’ di amore. Ogni piccolo gesto di bontà è come una luce di questo grande albero: insieme alle altre luci è capace di illuminare l’oscurità della notte, anche quella più buia”.
G. B. Il saluto del Vescovo a Benedetto XVI Il vescovo mons. Mario Ceccobelli ha così salutato il Papa: “Ella ci onora ancora [dopo l’incontro dell’11 maggio in piazza San Pietro, ndr] della sua attenzione e sollecitudine con un gesto che rimarrà indelebile, non solo nella storia di questo popolo, ma anche nel cuore di tutti noi. Il monte Ingino, che sovrasta la nostra città e che dall’11 settembre 1194, anno della traslazione, custodisce le spoglie incorrotte del Vescovo eugubino, è chiamato “il colle eletto dal beato Ubaldo”, perché così lo definì Dante nella sua Commedia. Su questo monte già luminoso per la presenza del santo Patrono, da 30 anni, nel periodo del Santo Natale di nostro Signore, si accende un albero gigantesco” per “ricordare agli innumerevoli visitatori attratti dallo spettacolo, che nel mondo c’è una luce capace di illuminare non solo il monte, ma anche ogni cuore. Quest’anno è Lei, Santo Padre, ad accendere l’albero: un gesto dall’alto valore anche simbolico, perché proprio dal successore di Pietro e da Roma, il centro della cristianità, giunge qui la luce, figura di Cristo, luce del mondo. Non potevamo sperare un modo migliore per concludere l’850° anniversario della morte del nostro Ubaldo”. Quindi la conclusione, con “la Chiesa eugubina, insieme a me e al vescovo emerito Pietro” ad “esprimerle viva e filiale gratitudine” ed un “grazie di cuore per questo suo gesto di paterna benevolenza e per i doni che in tutti noi si effondono dalla sua benedizione”.