“Tutti a Gorizia!” era l’invito rivolto ai direttori e giornalisti dei settimanali cattolici per il convegno nazionale dal 3 al 5 aprile. Noi de La Voce siamo stati nell’impossibilità a partecipare. Ma vogliamo tuttavia notare il senso dell’iniziativa. Intanto segnaliamo che siamo in tanti, i settimanali diffusi in quasi tutte le diocesi italiane, e rappresentiamo “la voce delle periferie”. Contrariamente a quanto avviene per gran pare dell’informazione governata dai centri di potere economico e politico, i settimanali cattolici sono espressione della base della Chiesa, esprimono il sentire del territorio e ne rilanciano la voce. Non per caso molti si chiamano “La voce” di questo o di quel territorio (a Gorizia festeggiano i 50 anni de La voce isontina) e ne rappresentano gli umori e le istanze.
Siamo periferia, ma non allo sbando, perché abbiamo un centro di riferimento nella comunità cristiana e una comune ispirazione religiosa: settimanali cattolici di informazione e non riduttivamente settimanali di informazione cattolica. L’essere periferia comporta comunque sempre un riferimento a un centro, altrimenti le periferie stesse diventerebbero autoreferenziali e non potrebbero più avere criteri di confronto. Un altro problema che i settimanali cattolici – e tutti gli altri giornali – devono affrontare in questo periodo di trasformazione dei mezzi della comunicazione è il passaggio dal cartaceo al digitale. Passaggio per il quale cerchiamo insieme di trovare nuovi modelli di comunicazione. La comunicazione d’altra parte è fondamentale compito di un popolo come quello cristiano che vuole annunciare buone notizie, raccogliere la voce di chi non ha voce, rappresentare le ricchezze e le povertà di territori in cui questi giornali sono radicati anche da lunghissimo tempo. Noi ad esempio abbiamo compiuto 60 anni di vita, che andiamo celebrando con iniziative che ci auguriamo suscitino interesse e partecipazione da parte dei lettori e amici.
Ma altra motivazione per andare a Gorizia sarebbe stata quella di ascoltare le relazioni e i commenti sul tema scelto, di straordinaria attualità: “Europa e confini” a 100 anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale. La relazione di apertura, tanto per fare un esempio è fatta dal vescovo ausiliare di Sarajevo, che tratta della Bosnia Erzegovina cuore dei Balcani, cartina di tornasole dell’Europa. Si evoca la Prima guerra mondiale per ciò che ha rappresentato, di eroico e tragico insieme, in una città come Gorizia che si trova al centro di uno scenario che evoca sangue e lacrime, con milioni di morti; quella guerra che Benedetto XV non esitò a definire “inutile strage”. Tutto ciò invita a ripensare all’Europa con occhi e spirito nuovi, fosse anche solo per onorare quei morti che vi hanno lasciato la vita o gli altri che, tornati dai vari fronti e dalla prigionia, ne rimasero definitivamente segnati; come mio padre, giovanissima recluta scampato per grazia all’orribile macello.