Fare anche a Perugia un ambulatorio per immigrati è l’idea nata nell’associazione medici cattolici (Amci) di Perugia e proposta alla Caritas diocesana. Per approfondire la questione in occasione del convegno in onore di Vittorio Trancanelli, il 23 giugno scorso, è venuto a Perugia Riccardo Poli, direttore sanitario a Prato, iniziatore del centro medico per immigrati di Firenze conosciuto come “l’ambulatorio dello Stenone”, il cui poliambulatorio alcuni anni fa è stato intitolato al medico perugino Vittorio Trancanelli, segno di una conoscenza e vicinanza tra Firenze e Perugia ricordata dal professor Fausto Santeusanio. “Non potevo non venire, ha detto Poli, ricordando anche la lunga amicizia con l’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti quando era ancora a Firenze, e che di questo ambulatorio per immigrati conosce bene la storia. Anche per questo mons. Bassetti sostiene convintamente l’iniziativa nell’auspicio che possa essere un’opera “segno” che si aggiunge a quelle già realizzate dalla Caritas diocesana. L’intervento di Riccardo Poli è stato come un viaggio nell’Italia degli ultimi venti anni. Un tempo relativamente breve nel quale ci sono stati cambiamenti radicali nella legislazione sugli immigrati. Poli ha ricordato l’inizio dell’ambulatorio dello Stenone, quando mons. Bassetti era vicario generale della diocesi di Firenze. Erano i primi anni 90, c’era la Legge Martelli e nessuna assistenza sanitaria era riconosciuta agli immigrati. Molti medici si misero a disposizione per un servizio volontario e fu fondata una associazione laica, anche se molto vicina al cristianesimo, per accogliere anche medici non credenti o di altre fedi. Le mogli dei medici facevano segreteria, i farmaci venivano chiesti alle case farmaceutiche e per anni ogni settimana laboratori privati hanno dato gratuitamente prelievi per analisi. L’esperienza di Firenze nasceva dopo quella di Roma già attiva dal 1981. Nel 1997 le cose cambiarono, ha ricordato Poli, con la riforma sanitaria voluta dal ministro Bindi che volle lo stesso Poli consulente del Ministero. Si doveva cambiare mentalità ha detto Poli ricordando per esempio il lavoro di mediazione con il Ministero dell’Interno che poneva il problema della “tracciabilità” dello straniero senza documenti. Non fu facile, ma nella legge passò la linea di chi sosteneva l’obbligo di “non segnalare” l’immigrato irregolare alla polizia se non negli stessi casi previsti per gli italiani. Così, dopo che lo Stato assicurò l’assistenza sanitaria agli immigrati, i medici dello Stenone decisero di concentrarsi su odontoiatria, medicina generale e ambulatorio pediatrico, ovvero di offrire da un lato un servizio specialistico e dall’altro una generale presa in carico per coloro che non possono avere il “medico di famiglia”. Contrariamente a quanto temuto, ha sottolineato Poli, gli immigrati non soffrono e non portano esotiche malattie infettive ma più spesso si ammalano di stress che fa fumare e porta a depressione reattiva creando il fenomeno del “migrante esausto”. “Credo che oggi fare medicina per l’immigrato è più semplice” ha concluso Poli, poiché, ha aggiunto, “non ha senso pensare ad una specialistica ma occorre concentrarsi sulla medicina generale pediatria e odontoiatria perché gli immigrati irregolari non possono avere il medico di famiglia né rientrano nei programmi di prevenzione”. L’importante, ha aggiunto, è avere un rapporto con la Asl, un protocollo di intesa che consenta di avere il ricettario e il cup.
Daniela Monni, direttore della Caritas dicoesana, ha ricordato che a Perugia era stato aperto, molti anni fa, un ambulatorio per immigrati che poi venne chiuso e non più riaperto perchè non c’era necessità. “Ricordare Vittorio Trancanelli – ha aggiunto – significa ricordare un modo d’essere, uno stile” quello di medici “che si mettono a disposizione degli altri con la loro vita”. Cosa e come intervenire oggi, sul fronte dell’assistenza sanitaria agli immigrati, sono i temi su cui l’Amci e la Caritas stanno ora riflettendo.