Cuore e Motore

La morte evitabile di Andrea sul circuito di Mosca

Andrea-Antonelli-1La pioggia battente è l’unico rumore ormai, il cuore di Andrea si è fermato e il motore si è spento. Sono le 13.32 di domenica 21 luglio e dalla nebbia in fondo al rettilineo finale della pista di Mosca esce un corpo sballottato ed esanime, ormai privato della sua moto che scivola in direzione diversa. È l’immagine conclusiva di un’esistenza che per Andrea Antonelli, un ragazzo venticinquenne di Castiglione del Lago, si era dipanata a cavallo di quel motore e aggrappato a quel manubrio.

Come racconta il padre di Andrea a 24 ore di distanza dalla tragedia, nessuno avrebbe mai potuto “staccarlo” da quella motocicletta e dal suo sogno.

Andrea era convinto e felice, aspirava a raggiungere la classe regina, la Superbike, e nella sua umiltà di ragazzo semplice desiderava arrivarci con il merito e i risultati. Aveva iniziato da ragazzino a coltivare questa passione e piano piano si era affermato nelle minimoto, poi passando alle 125 e ai campionati mondiali Superstock 600 e 1000. Da 2 anni correva nella classe Supersport, l’anticamera della Superbike.

Nel mondiale 2013 era al settimo posto e la distanza da quel sogno ormai si era così assottigliata che poteva quasi toccarlo. Era sorridente e fiducioso Andrea anche per la gara di Mosca. Sebbene le condizioni meteorologiche fossero state incerte per tutto il fine settimana era soddisfatto del suo quarto tempo .

Intanto la gara viene posticipata di qualche ora perché una serie di rovesci si abbatte con insistenza sul circuito. Poi la partenza viene data anche se le condizioni meteo sono analoghe. Il diluvio e la nebbia sollevata dalle ruote lanciate nel primi giri trasformano l’atmosfera in un girone dantesco e tutti sanno che qualcosa può succedere da un momento all’altro.

La tragedia si materializza in un istante; Andrea scivola in uscita dall’ultima curva , cade e prosegue la sua corsa “nuda” sull’asfalto intriso come se pattinasse sul ghiaccio. Poterebbe essere una classica scivolata ma sopraggiungono dietro di lui altri piloti, uno dei quali non può evitarlo e a 250 km/ora lo colpisce in pieno.

I momenti successivi sono frenetici ma l’impressione, come racconterà papà Arnaldo, è che Andrea fosse già morto nell’impatto.

A poche ore da quel momento anche la pioggia si è fermata. Rimangono le lacrime del papà, il silenzio composto della mamma, il pellegrinaggio degli amici increduli, lo sgomento di un paese intero e il cordoglio del mondo del motociclismo colpito ancora una volta da una morte così cruenta.

Rimane il rumore delle polemiche feroci sugli organizzatori che hanno autorizzato l’inizio della gara impensabile, come hanno confessato altri piloti, soprattutto su quel circuito sprovvisto di asfalto drenante non compatibile con le fredde temperature invernali di Mosca.

Le polemiche si placheranno in fretta e le ruote ricominceranno a correre presto. Andrea non c’è più: il suo cuore non batte più e il suo motore è spento. Con lui è svanito il suo sogno, forse per responsabilità di chi quel sogno doveva custodire e regolare.

 

AUTORE: Andrea Franceschini